Discriminazione razziale: riflettori accesi sull’Italia

Il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (CERD) ha pubblicato, il 31 agosto, le osservazioni conclusive sullo stato di attuazione in Italia della Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale del 21 dicembre 1965, ratificata con legge 13 ottobre 1975, n. 654. Un quadro con alcune luci (poche) e molte ombre, quello presentato dal CERD (CERD_C_ITA). Prima di tutto, l’Italia non ha ancora un quadro legislativo con una definizione chiara di discriminazione razziale che copra tutte le forme indicate nell’articolo 1 della Convenzione, oltre ad essere tra i pochissimi Paesi a non avere insediato una istituzione nazionale indipendente a tutela dei diritti umani. Ma a destare allarme è soprattutto l’hate speech e l’assenza di misure idonee a combatterlo, in particolare su internet, nonché le gravi manifestazioni di discriminazione razziale che si verificano durante le manifestazioni sportive, soprattutto nel calcio, con i calciatori che provengono dai Paesi africani al centro di cori razzisti. L’utilizzo di discorsi razzisti, inoltre, scrive il Comitato, è presente anche nella narrazione politica italiana, finanche da parte di membri del Governo e di alti ufficiali pubblici.

Ma la questione principale riguarda i migranti perché il CERD riconosce le difficoltà che possono essere incontrate da un Paese al centro dei flussi migratori ma ritiene che, proprio sul piano legislativo, siano state compiute scelte non in linea con la Convenzione. Questo con particolare riguardo alla legge n. 132 del 2018 e alla cosiddetta legge Cutro, n. 50/2023 che hanno inciso negativamente sul livello di protezione da assicurare ai migranti e sulle condizioni di accoglienza, anche a causa della “drastica riduzione delle possibilità di ottenere la protezione speciale”. Preoccupazioni per le restrizioni alle attività degli operatori umanitari soprattutto nelle operazioni di search and rescue: le misure adottate, infatti, ostacolano le operazioni di soccorso e di salvataggio in mare dei migranti, anche nella zona SAR di competenza italiana.

Nel complesso, poi, va migliorato l’accesso alla giustizia per combattere la discriminazione razziale.

A quest’indirizzo https://tbinternet.ohchr.org/_layouts/15/treatybodyexternal/SessionDetails1.aspx?SessionID=2659&Lang=en è possibile rintracciare altra documentazione, incluso il rapporto presentato dall’Italia e gli interventi di alcune ONG.

 

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