Spazio all’ascolto del minore, per garantire l’effettiva realizzazione del suo preminente interesse superiore a una crescita sana ed equilibrata. E questo anche nei casi di dissidio genitoriale nella scelta della scuola “religiosa” o “laica” alla quale iscrivere il minore. Con la conseguenza che se i genitori sono in disaccordo spetta al giudice sanare il conflitto genitoriale ed assicurare provvedimenti relativi all’educazione religiosa, anche quando comportano misure limitative del diritto individuale di libertà religiosa dei genitori. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, con l’ordinanza n. 6802/2023 depositata il 7 marzo (ora di religione) che ha permesso di precisare i criteri di applicazione dell’interesse superiore del minore in linea con la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. A rivolgersi alla Cassazione era stato il padre di una bimba di 7 anni che contestava il decreto della Corte di appello di Venezia con il quale era stato stabilito che la decisione sull’iscrizione all’ora di religione della minore collocata presso l’ex moglie dopo la separazione dovesse essere assunta dalla madre, tenendo conto del contesto familiare e delle decisioni già adottate per la prima figlia. Il padre ha così impugnato il provvedimento poiché intendeva iscrivere la figlia all’ora di religione.
La Cassazione ha ripreso il filo della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, con particolare riguardo alla pronuncia T.C. contro Italia del 19 maggio 2022 (ricorso n. 54032) e a quella Deschomets contro Francia del 16 maggio 2006 (ricorso n. 31956/02) e ha poi precisato che, in caso di disaccordo, spetta al giudice nazionale risolvere il contrasto tenendo conto dell’interesse superiore del minore. La Corte di appello aveva escluso la possibilità di sentire la minore in quanto troppo giovane (sette anni), ma la Cassazione ritiene che, poiché la capacità di discernimento non è una nozione fissa, lo stesso limite individuato dalla legge al compimento dei dodici anni “è chiaramente soltanto tendenziale”, con la conseguenza che l’audizione è necessaria se “può offrire al giudice idonei elementi per meglio comprendere quali siano i provvedimenti più opportuni nel suo interesse”. Inoltre, i giudici di appello – osserva la Cassazione – escludendo l’audizione della minore non hanno tenuto conto delle effettive esigenze della bambina e si sono basati su elementi non rilevanti come l’educazione impartita all’altra sorella e sulla circostanza che la bambina provenisse da una famiglia non praticante, senza considerare che la stessa minore aveva già frequentato per tre anni una scuola d’infanzia che comprendeva l’insegnamento della religione cattolica. Non solo. Per la Suprema Corte, i giudici di merito non hanno valutato la reale portata dell’ora di religione che è “sempre più orientata non già all’adesione ad un credo religioso specifico ma al confronto con il momento spirituale della religione, al punto che qualcuno, al riguardo, parla “dell’ora delle religioni”. Di qui l’accoglimento del ricorso, con la precisazione che il limite di dodici anni individuato dalla legge con riferimento all’ascolto del minore “è chiaramente soltanto tendenziale”. Disposto così il rinvio alla Corte di appello di Venezia chiamata a decidere in diversa composizione.
Notizie e commenti sul diritto internazionale e dell'Unione Europea
Aggiungi un commento