Discriminazioni attraverso le torte: la Corte europea dichiara il ricorso inammissibile

Il diritto ad avere una torta con una scritta a supporto del matrimonio tra coppie dello stesso sesso non passa per Strasburgo. Con decisione del 7 dicembre 2021, pubblicata il 6 gennaio 2022, nel caso Lee contro Regno Unito (ricorso n. 18860/19, LEE v. THE UNITED KINGDOM), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un cittadino britannico, membro di un’associazione gay, che viveva a Belfast. Nell’Irlanda del Nord solo dal 2020 è stato ammesso il matrimonio tra coppie della stesso sesso. A supporto di una manifestazione per chiedere alle autorità nazionali l’introduzione del matrimonio tra coppie dello stesso sesso, l’uomo aveva ordinato una torta con una scritta a sostegno del matrimonio gay. Il pasticciere, cristiano evangelico, si era rifiutato per ragioni dovute al suo credo. Ne era nata una lunga controversia. In primo e secondo grado il ricorso era stato accolto ed era stato ritenuto che l’uomo era stato vittima di una discriminazione dovuta all’orientamento sessuale. La Corte Suprema, però, aveva ribaltato il verdetto ritenendo che non vi fosse una discriminazione nei confronti dell’individuo in quanto gay, perché la scelta del pasticciere era dovuta all’oggetto del messaggio sul quale l’uomo era del tutto in disaccordo. Di qui il ricorso alla Corte che, però, lo ha dichiarato inammissibile. Questo perché il ricorrente non ha invocato i diritti convenzionali nei procedimenti interni, con ciò privando i giudici nazionali dell’opportunità di rimediare a una eventuale violazione della Convenzione. E’ contrario al carattere sussidiario del sistema convenzionale la presentazione di un ricorso dal quale si evince che la presunta vittima non ha dato la possibilità ai giudici nazionali di rimediare alla violazione convenzionale e di applicare le regole di Strasburgo. Nel caso in esame, il ricorrente non aveva mai invocato i diritti convenzionali nei procedimenti dinanzi ai tribunali nazionali e, quindi, i giudici interni avevano unicamente il compito di bilanciare il diritto del ricorrente in base ai regolamenti nazionali sui consumatori. E’ così mancata la possibilità di valutare e effettuare un bilanciamento diverso tra i diritti della comunità gay e i diritti della comunità religiosa, che in Irlanda del Nord è molto ampia. E questo malgrado i giudici nazionali siano nella posizione migliore per effettuare questo bilanciamento. Non sono chiari – osserva la Corte europea – i motivi che hanno spinto il ricorrente a non far valere i suoi diritti convenzionali malgrado lo Human Rights Act del 1998 consenta ai singoli di invocare direttamente le norme convenzionali (va detto che tale atto impone ai giudici nazionali di applicare le norme interne in modo conforme alla Convenzione). Era dovere del ricorrente, per Strasburgo, sostenere la lettura o la disapplicazione delle norme interne contrarie ai diritti convenzionali. Questo ha fatto sì che la Corte abbia ritenuto che non sia stato rispettato il carattere sussidiario del sistema convenzionale e che, quindi, il ricorrente non abbia esaurito i ricorsi interni per quanto riguarda le violazioni convenzionali relative agli articoli 8, 9 e 10. Pertanto, la Corte ha dichiarato, a maggioranza, il ricorso inammissibile. 

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