Misure cautelari: la Corte internazionale di giustizia si pronuncia sul caso Azerbaijan contro Armenia

L’Azerbaijan deve intervenire per assicurare la protezione delle persone catturate nel conflitto del 2020 con l’Armenia e agire per prevenire l’incitamento e la promozione dell’odio razziale e della discriminazione nei confronti delle persone di nazionalità o di origine armena. Non solo. Il Governo di Baku è tenuto a prevenire e a punire gli atti di vandalismo e profanazione nei confronti del patrimonio culturale armeno, comprese chiese e altri luoghi di culto, monumenti, punti di riferimento, cimiteri e manufatti.

Dal canto suo, l’Armenia è tenuta a rispettare la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale, adottata il 21 dicembre 1965 e a evitare che l’incitamento all’odio nei confronti della popolazione azera si diffonda, e questo anche nei casi in cui provenga da privati. Lo ha stabilito la Corte internazionale di giustizia con l’ordinanza del 7 dicembre nel caso Armenia c. Azerbaijan arrivata all’Aja dopo il conflitto per il Nagorno-Karabakh nel 2020, regione all’interno dell’Azerbaijan ma sotto il controllo di forze di etnia armena (ordinanza n. 1) nonché con l’ordinanza resa nella stessa data nel caso Azerbaijan c. Armenia (ordinanza n. 2). Dopo l’avvio del procedimento giurisdizionale dinanzi alla Corte internazionale di giustizia, con il ricorso dell’Armenia, l’Azerbaijan aveva presentato una domanda riconvenzionale e, in entrambi i casi, era stata presentata una richiesta di misure cautelari. La Corte internazionale di giustizia, accertata la giurisdizione prima facie, l’esistenza di un rischio di danno irreparabile, nonché la necessità di intervenire in via d’urgenza, ha accolto, almeno in parte, le richieste dei due Paesi, chiedendo a entrambe le parti alla controversia di astenersi da ogni azione che possa provocare un aggravamento della situazione o un allargamento della controversia.

Le ordinanze sulle misure provvisorie sono vincolanti in base all’articolo 41 dello Statuto della Corte internazionale di giustizia come interpretato dalla stessa Corte dell’Aja.

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