La confusione di patrimoni tra società non sposta la giurisdizione dal giudice della sede statutaria

Per attribuire la giurisdizione al giudice di uno Stato membro che ha iniziato una procedura d’insolvenza nei confronti di una società con sede nel proprio Stato anche nei confronti di una società che ha sede in un altro Paese Ue è necessario accertare che il centro principale degli interessi del debitore si trovi nello Stato del giudice. Non basta, quindi, la sola confusione tra i patrimoni delle due società per attribuire la giurisdizione al giudice del primo Stato. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea che, con la sentenza del 15 dicembre (causa C-191/10, http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=116681&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=46358), ha colto l’occasione per precisare i criteri per la determinazione della nozione del centro degli interessi principale del debitore. A Lussemburgo si era rivolta la Corte di Cassazione francese chiamata ad accertare la propria giurisdizione ai sensi del regolamento n. 1346/2000 relativo alle procedure d’insolvenza. Il liquidatore giudiziario di una società francese aveva citato in giudizio anche un’azienda italiana nell’ambito di una procedura d’insolvenza ritenendo che vi fosse la giurisdizione francese in forza della confusione dei patrimoni tra le due società. I giudici di appello gli avevano dato ragione, mentre la Cassazione ha preferito chiamare in aiuto la Corte Ue. Per i giudici comunitari non è sufficiente la sola confusione dei patrimoni per determinare la giurisdizione nei confronti di una società con sede in un altro Stato membro ma è indispensabile la dimostrazione che il centro degli interessi principali sia in quello Stato. Accertamento che – precisa la Corte – deve avvenire tenendo conto che la nozione di centro principale degli interessi del debitore ha origine comunitaria e deve essere determinata a seguito di una valutazione globale degli elementi idonei a stabilire, in modo riconoscibile dai terzi, il centro effettivo di direzione e di controllo della società. Non basta, quindi, la sola confusione dei patrimoni a ritenere che la gurisdizione nei confronti di una società non spetti al giudice della sede statutaria.

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