La Corte di Cassazione interviene sul ne bis in idem seguendo i parametri di Strasburgo

L’unicità del fatto, per far valere il ne bis in idem, deve essere provata tenendo conto degli elementi costitutivi della condotta, del nesso causale e dell’evento. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32175 depositata il 17 novembre 2020, che ha permesso alla sezione feriale penale di richiamare i criteri fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (32175). 

Il ricorrente aveva impugnato la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria che, dopo il rinvio a seguito dell’annullamento da parte della Corte di Cassazione della sentenza del Tribunale di Messina, aveva confermato la responsabilità del ricorrente per occultamento di documenti contabili. Ad avviso del ricorrente era stata commessa una violazione degli articoli 649 c.p.p., 117 della Costituzione, dell’articolo 50 della Carta Ue sui diritti fondamentali e dell’articolo 4, n. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Con riferimento alla violazione del principio del ne bis in idem, la Suprema Corte ha ritenuto infondati i motivi di ricorso. Su tale regola, infatti, la Corte ha sottolineato che, in base alla giurisprudenza di Strasburgo, il primo presupposto per l’operatività del divieto del ne bis in idem è che i due procedimenti che vengono in rilievo abbiano ad oggetto lo stesso fatto, che si verifica quando “vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, da considerare in tutti i suoi elementi costitutivi sulla base della triade condotta-nesso causale-evento, non essendo sufficiente la generica identità della sola condotta”. Se poi le sanzioni si riferiscono a fatti di mera condotta non seguita da evento, per dimostrare l’unicità del fatto, è necessario riferirsi alle circostanze fattuali strettamente collegate nel tempo e nello spazio. Ora, poiché la sanzione amministrativa si riferiva all’omesso versamento del debito IVA, mentre il procedimento penale aveva ad oggetto la condotta di occultamento di documenti contabili, la differenza della condotta è evidente e non sussistono “circostanze fattuali strettamente collegate insieme nel tempo e nello spazio, così come richiede la giurisprudenza della Corte EDU ai fini dell’individuazione dell’idem factum”, tanto più che le condotte erano molto distanti nel tempo.

1 Risposta
  • Patrik Pappalardo
    dicembre 15, 2020

    L’interpretazione resa dalla Suprema Corte di Cassazione è rigorosa e completa, evidenziando la
    necessità della presenza di diversi elementi perchè possa sussistere il principio del ne bis in idem.
    Nel caso specifico in esame non vi era la presenza di tutti gli elementi costitutivi per potere affermare
    la sussistenza del principio soprarichiamato.

    Catania il 15/12/2020
    Distinti Saluti

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