La Cassazione su protezione internazionale e crimini di guerra

Sull’incidenza della commissione di crimini di guerra nella fase di esame della richiesta di protezione internazionale, interviene la Corte di cassazione, prima sezione civile, con l’ordinanza n. 26376 del 19 novembre 2020 con la quale è chiarita l’ipotesi di esclusione dalla protezione internazionale nei casi in cui il richiedente abbia commesso un crimine di guerra (ordinanza). Alla Suprema Corte si era rivolto un cittadino della Costa d’Avorio il quale aveva impugnato la decisione del Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di immigrazione, che aveva confermato il no della Commissione territoriale alla protezione internazionale (all’uomo era stata concessa unicamente la protezione umanitaria). Il richiedente aveva partecipato al conflitto armato in Costa d’Avorio nel 2011 e, nel decreto del Tribunale, era stato confermato il rifiuto alla concessione della protezione internazionale perché il richiedente era stato ritenuto concorrente morale in presunti crimini di guerra. Per la Cassazione, invece, vi era stato un errore di inquadramento perché il richiedente aveva reso un racconto ritenuto veritiero sul suo ruolo di difensore di quartiere della sua città durante il conflitto in Costa d’Avorio, nel corso del quale l’uomo non aveva commesso alcun omicidio. Inoltre, per la Cassazione, il Tribunale di Napoli era andato al di là della propria giurisdizione in quanto non poteva giudicare sui presunti crimini di guerra. A ciò si aggiunga che la condotta del ricorrente non poteva essere qualificata come crimine di guerra perché mancava “un collegamento funzionale con il conflitto armato”. Ricostruito il quadro normativo interno e gli strumenti internazionali sulla qualificazione dei crimini di guerra, la Cassazione ritiene che i crimini di guerra devono essere caratterizzati da una “peculiare offensività”, in grado di ledere, anche per le modalità di esecuzione, valori essenziali della comunità internazionale. In questi casi, osserva la Cassazione, la commissione dei crimini costituisce una causa ostativa al riconoscimento della protezione internazionale. Tuttavia, nel caso in esame, le condotte del ricorrente non possono essere ricondotte, almeno allo stato degli atti, ai crimini di guerra. Di qui l’accoglimento del ricorso e il rinvio al Tribunale di Napoli in diversa composizione, che sarà anche tenuto a verificare, sulla base delle precisazioni della Cassazione, se le condotte del ricorrente possano essere qualificate come crimini di guerra.

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