Il processo all’Aja contro il figlio di Gheddafi può andare avanti

La Corte penale internazionale può andare avanti sul caso Gheddafi. La Camera di appello, infatti, il 9 marzo 2020 (ICC-01/11-01/11-695, CR2020_00904), ha confermato, all’unanimità, l’ammissibilità del caso contro Saif Al-Islam Gheddafi (The Prosecutor v. Saif Al-Islam Gaddafi), respingendo il ricorso del figlio dell’ex leader libico Muammar Gheddafi, che aveva impugnato la decisione della Pre-Trial Chamber del 5 aprile 2019. La Camera di appello ha ricordato il carattere complementare della stessa Corte e il pieno rispetto, da parte della Camera preliminare, della regola che impedisce un processo della Corte dell’Aja se il presunto autore di crimini è stato già processato da un tribunale interno, richiedendo che tale pronuncia sia definitiva. L’articolo 17 dello Statuto della Corte, che si occupa delle questioni di ricevibilità, stabilisce che un’azione è improcedibile se sullo stesso caso è in corso un’indagine o un processo in uno Stato che ha la giurisdizione su di esso, a meno che lo Stato non intenda o sia effettivamente incapace di svolgere correttamente l’indagine o di iniziare il processo, se la persona in causa è stata già giudicata o se il caso non è sufficientemente grave da giustificare un’azione della Corte.  Nel caso in esame, è vero che l’indagato era stato già processato e condannato dalla Corte di appello di Tripoli con sentenza del 28 luglio 2015 (era stata decisa anche la condanna alla pena di morte), ma il procedimento si era svolto in absentia (con la possibilità, quindi, di richiedere un nuovo processo) e vi erano chiari elementi per sostenere che la Libia non era stata in grado di assicurare un processo equo, garantendo i diritti dell’imputato. Inoltre, i giudici dell’Aja hanno precisato che la sentenza interna deve essere definitiva prima dell’accertamento dell’irricevibilità del caso da parte dei giudici internazionali, respingendo così la posizione dei legali di Saif Al-Islam Gheddafi secondo i quali il requisito era soddisfatto con il verdetto di primo grado. Non solo. La Camera di appello ha respinto la tesi secondo la quale l’applicazione della legge libica n. 6 del 2015, con la quale era stata concessa l’amnistia a Gheddafi, potesse indicare che il verdetto era definitivo tanto più che, in base all’articolo 3, par. 4, sono esclusi dall’ambito di applicazione dell’indicata legge i crimini per i quali era stato condannato il figlio di Gheddafi. La Camera di appello non ha ritenuto necessario accertare l’incidenza dell’amnistia sulle questioni di ricevibilità,  ma ha concluso che la legge n. 6 non determina un’inammissibilità del caso dinanzi alla Corte penale internazionale e, quindi, la pronuncia della Pre-Trial Chamber è stata corretta. Il processo va avanti.

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