Il no alla protezione internazionale impone una motivazione anche sui rischi del richiedente come vittima della tratta

Il no alla concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria e per ragioni umanitarie deve essere motivato non solo tenendo conto della situazione nella regione di provenienza, ma anche del particolare stato di vulnerabilità nel passaggio da uno Stato a un altro, come dalla Nigeria alla Libia, valutando la possibile situazione di persona vittima della tratta. Con ordinanza n. 7679 depositata il 3 aprile 2020 (7679), la Corte di Cassazione, I sezione civile, ha annullato con rinvio il decreto del Tribunale di Ancona con il quale era stata respinta la richiesta di un cittadino nigeriano relativa allo status di rifugiato. Il Tribunale aveva respinto l’istanza perché il racconto del richiedente era generico e inverosimile e perché la regione di provenienza (Enogu, Nigeria) non era interessata da situazioni di violenza indiscriminata. La Cassazione ha invece accolto il ricorso del richiedente in ragione di un vizio nella motivazione soprattutto con riguardo alla valutazione della personale condizione di vulnerabilità nel passaggio dalla Nigeria alla Libia che ha esposto il ricorrente alla tratta di esseri umani perché venduto per ben due volte a trafficanti. Accolto così il ricorso, con rinvio al Tribunale di Ancona.

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