Stato terzo sicuro: analisi della giurisprudenza CEDU – Safe Third Country in the case-law of the ECHR

Quali sono le garanzie necessarie per qualificare uno Stato terzo come sicuro? Quali obblighi hanno gli Stati sulle informazioni da fornire per consentire l’accertamento del rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo? A questi interrogativi prova a rispondere lo studio, preparato dalla sezione ricerca della Corte europea dei diritti dell’uomo, sulla nozione di “Paese terzo sicuro” secondo la giurisprudenza di Strasburgo (Research_report_safe_third_country_ENG). Il documento focalizza l’attenzione sull’analisi delle pronunce di Strasburgo con particolare riguardo agli articoli 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di tortura e di trattamenti disumani o degradanti), 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 13 (diritto alla tutela giurisdizionale effettiva) della Convenzione europea. Precisato che la Corte non si è mai occupata della legittimità degli elenchi degli Stati terzi sicuri, nel documento sono analizzati gli obblighi procedurali a carico degli Stati nella valutazione sull’effettiva sicurezza di uno Stato e le questioni relative all’onere della prova. Sul punto, gli Stati hanno obblighi procedurali, funzionali anche ad assicurare i diritti convenzionali e, di conseguenza, le autorità nazionali non possono giustificare l’espulsione di un richiedente asilo basandosi unicamente sulla propria qualificazione di Stato terzo sicuro, senza procedere a individuare l’esistenza di specifiche condizioni. La sezione A della prima parte del documento è così dedicata ai principi generali in materia di onere della prova e la sezione B al diritto del richiedente ad essere informato anche della circostanza che può contestare la presunzione sullo Stato terzo come sicuro.

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