Nelle azioni di status, l’ascolto del minore, anche in base alla Convenzione Onu sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176, è un elemento necessario per raggiungere il giusto equilibrio tra favor veritas e favor minoris. Pertanto, una pronuncia del giudice di merito, che salta la fase dell’ascolto sulla base di una non fondata e accertata incapacità di discernimento del minore, deve essere annullata. E’ la Corte di Cassazione a stabilirlo con l’ordinanza n. 28521/19 (ordinanza 28521) che ha portato all’annullamento della pronuncia della Corte di appello di Torino e al rinvio ai giudici di appello, in diversa composizione. A rivolgersi alla Cassazione era stato un uomo il quale contestava la decisione dei giudici di Torino che, nell’ambito di un procedimento di disconoscimento di paternità del figlio, non avevano ritenuto di procedere all’ascolto del minore sostenendo che quest’ultimo aveva una “dubbia capacità di discernimento” a causa di problemi di linguaggio.
La Cassazione ha accolto il ricorso sostenendo che la legge n. 219 del 10 dicembre 2012 prevede l’ascolto del minore anche nel procedimento di disconoscimento di paternità. Inoltre – osserva la Suprema Corte – in base all’articolo 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e, ancor prima, secondo gli articoli 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata dall’Italia con legge n. 77 del 20 marzo 2003, l’audizione doveva essere disposta. “Il diritto di essere ascoltato è un diritto assoluto del minore, ultradodicenne o infradodicenne capace di discernimento e costituisce una modalità tra le più rilevanti del riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti giudiziari che lo riguardano”. In questo senso, quindi, l’obbligo di audizione può essere derogato solo in mancanza della capacità di discernimento per i minori infradodicenni e in presenza di particolari situazioni. A tal proposito, la Suprema Corte ha anche precisato che un eventuale ritardo nello sviluppo del linguaggio non può portare all’esclusione dell’ascolto perché è evidente che ciò non è prova di una minore capacità di discernimento. L’ascolto del minore, inoltre, ha un particolare valore nelle azioni di status, incluse quelle sul disconoscimento della paternità tenendo conto delle ricadute sui rapporti affettivi e personali sottostanti al rapporto di filiazione. Certo, la Cassazione non dubita circa la possibilità di ripercussioni sul minore, ma è il giudice a dover predisporre le condizioni per garantire l’audizione del bambino con il minor impatto su quest’ultimo, senza omettere una fase necessaria per l’adozione di una corretta decisione.
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