No alla giurisdizione del giudice italiano per reati commessi dallo straniero sul territorio di uno Stato estero. E questo anche quando, nell’attività di repressione al favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, alcuni reati possono essere connessi ad altri illeciti per i quali, invece, c’è la giurisdizione italiana. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, V sezione penale, con la sentenza n. 48250 depositata il 27 novembre (48250).Il ricorso era stato presentato dal pubblico ministero a seguito del provvedimento del G.i.p. che aveva respinto la domanda cautelare nei confronti di alcuni individui accusati di estorsione, tortura aggravata e violenza sessuale commessi in Libia a danno di alcuni migranti poi arrivati in Italia. Il Tribunale di Catania aveva respinto, con ordinanza, l’appello del pubblico ministero che ha così avviato il procedimento in Cassazione.
Per la Suprema Corte, che ha affrontato la questione del favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e del traffico degli esseri umani, la potestà punitiva dello Stato può condurre, nel rispetto del diritto internazionale e di quello interno, a fondare “la giurisdizione italiana anche in talune ipotesi derogatorie rispetto al disposto generale di cui all’art. 6 c.p.”. Pertanto, accanto al principio di territorialità, che attribuisce la giurisdizione al giudice italiano nei casi in cui la condotta di reato sia stata commessa anche solo in parte sul territorio italiano o l’evento si sia verificato in Italia, sono individuabili “alcune ipotesi (moderatamente) ispirate al principio di universalità, in grado di determinare l’estensione della giurisdizione a fatti che non ricadrebbero ai sensi della norma suindicata”. In questi casi, però, è necessario individuare il preciso fondamento normativo nell’ordinamento interno o internazionale. Questo – precisa la Cassazione – avviene nei casi di pirateria o nei reati transnazionali finalizzati alla commissione di gravi reati sul territorio italiano, come previsto dalla Convenzione di Palermo contro la criminalità organizzata transnazionale. Altre ipotesi possono rintracciarsi negli istituti del diritto di inseguimento e della presenza costruttiva. Per la Cassazione è indispensabile individuare una progressione criminosa che, ad esempio, nel diritto di inseguimento, porti a ritenere che i fatti avvenuti nel mare internazionale “siano da ritenersi il necessario sviluppo delle condotte compiute all’inizio dell’inseguimento”. Manca, invece, una base normativa per ritenere che la connessione sia un criterio autonomo di individuazione della giurisdizione italiana per fatti commessi al di fuori del territorio statale. Di conseguenza, la Corte esclude un’espansione della potestà punitiva e della giurisdizione italiana, per fatti commessi all’estero, anche se connessi ad altri per i quali sussiste la giurisdizione. La Cassazione ha così respinto il ricorso e confermato l’ordinanza del Tribunale di Catania.
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