Via libera alla richiesta di parere presentata dalla Corte costituzionale armena alla Corte europea dei diritti dell’uomo (qui il testo dell’istanza armena in inglese P16_Request_Advisory_opinion_). L’11 ottobre, infatti, il Panel di 5 giudici della Grande Camera ha ritenuto che sussistono le condizioni previste dal Protocollo n. 16 e, quindi, procederà a fornire il parere chiesto che verte sull’articolo 7 della Convenzione europea in base al quale nessuno può essere condannato per un’azione che nel momento in cui è stata commessa non era prevista come reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. La Consulta armena ha chiesto a Strasburgo di precisare la nozione di “legge” e il principio di non retroattività del diritto penale in relazione a due procedimenti interni relativi al sovvertimento dell’ordine costituzionale.
E’ la seconda volta che la Grande Camera fornirà un parere in base al Protocollo n. 16 – in vigore dal 1° agosto 2018, ad oggi per 13 Stati, ma non per l’Italia che non l’ha ancora ratificato – che ha introdotto un meccanismo simile al sistema di rinvio pregiudiziale previsto nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, anche se il parere fornito dalla Grande Camera non è vincolante a differenze delle sentenze della Corte Ue.
Il primo parere è stato reso il 10 aprile 2019 su richiesta della Corte di cassazione francese e riguardava il riconoscimento dello status di figlio in caso di maternità surrogata all’estero (si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/blog/la-cedu-deposita-il-primo-parere-in-attuazione-del-protocollo-n-16-echr-first-advisory-opinion-under-the-protocol-no-16.html).
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