Giudicato esecutivo da superare per rispettare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo

Se il mutamento della giurisprudenza, grazie a una pronuncia delle Sezioni unite della Cassazione, segue una interpretazione costituzionalmente o convenzionalmente conforme, con l’integrazione di un nuovo elemento di diritto, è possibile superare la preclusione del “giudicato esecutivo. Lo ha chiarito la Suprema Corte con la sentenza della prima sezione penale n. 30569/19 depositata l’11 luglio (30569). Per la Corte di Cassazione, il giudice nazionale deve interpretare il diritto interno in modo conforme alle norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo “nel significato ad esse attribuito dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo…, secondo il principio di legalità, sancito, in materia penale, dall’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Di conseguenza, nel concetto “di nuovo elemento di diritto”, che permette di superare la preclusione stabilita dall’articolo 666 comma 2 del codice di procedura penale, va incluso anche il mutamento giurisprudenziale il quale tiene conto dei principi affermati da Strasburgo, che integra l’indicata categoria del diritto vivente. La Cassazione ha così stabilito che la nozione di attualità del pregiudizio non può essere considerata condizione per l’accoglimento della domanda di riparazione presentata al magistrato di sorveglianza dal detenuto che ha subito un trattamento inumano e degradante per il sovraffollamento carcerario perché ciò sarebbe contrario alla sentenza della Corte europea relativa al caso Torreggiani con la quale Strasburgo ha chiesto rimedi accessibili ed effettivi. Anche in sede di esecuzione – osserva la Cassazione – il rispetto del principio di legalità convenzionale e costituzionale “impone di ritenere non assoluta la preclusione derivante da un precedente giudicato”.

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