La pronuncia di condanna inflitta al familiare di un minore straniero presente sul territorio italiano non può bloccare in modo automatico l’ingresso e il soggiorno dello straniero. Detto questo, però, se la condanna, insieme ad altri elementi, costituisce una minaccia concreta e attuale per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale e, in aggiunta, può condurre al rigetto dell’istanza, la condanna va presa in considerazione.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, sezioni unite civili, con la sentenza n. 15750 del 12 giugno 2019 (15750). La vicenda aveva preso il via dal ricorso di due coniugi di nazionalità albanese che avevano chiesto di essere autorizzati a rimanere in Italia per occuparsi dei figli minori. Il Tribunale per i minorenni dell’Abruzzo aveva respinto il ricorso, così come la Corte di appello di L’Aquila. Per la Cassazione, l’articolo 31, comma 3 del testo unico sull’immigrazione (Dlgs n. 286/98) è una norma di chiusura del sistema di tutela dei minori stranieri, che deroga alla disciplina sull’ingresso e sul soggiorno dello straniero, per salvaguardare l’interesse superiore del minore che potrebbe essere danneggiato dall’allontanamento di un suo familiare. Tuttavia, pur essendo una deroga alle norme comuni sul soggiorno degli stranieri, non ha portata eccezionale e, quindi, comprende “nel suo ambito qualsiasi danno effettivo, concerto ed obiettivamente grave”, da valutare alla luce dell’età del minore e delle sue condizioni di salute e dell’equilibrio psicofisico. La norma – osserva la Cassazione – è una misura incisiva a tutela e a protezione del diritto fondamentale del minore a vivere con i genitori e permette l’attuazione effettiva della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo che impone alle autorità nazionali di considerare detto interesse in ogni decisione sul minore (art. 3) e di vigilare affinché il minore non sia separato dai suoi genitori. Così, la Cassazione, analizzando la giurisprudenza della Corte costituzionale e quella della Corte europea dei diritti dell’uomo, gli atti internazionali ed europei, ha affermato, su una questione classificata come di particolare importanza, il principio di diritto che vieta l’automaticità del diniego all’ingresso o alla permanenza in Italia del familiare di un minore straniero che si trova sul territorio italiano, permettendo, però una valutazione della condanna se costituisce una minaccia concreta e attuale per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale.
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