La Corte di cassazione interviene sulla nozione di minore straniero non accompagnato. Con ordinanza n. 9199/19, depositata il 3 aprile dalla sesta sezione civile – I, la Suprema Corte, per stabilire la competenza del tribunale per i minorenni, ha colto l’occasione per precisare i requisiti necessari per la qualifica di minore straniero non accompagnato (9199:19). In particolare, anche avvalendosi della direttiva 2013/33/Ue recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (recepita in Italia con Dlgs n. 142/2015) e della 2011/95 recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (recepita con Dlgs n. 18/2014), la Corte ritiene che, per applicare gli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento italiano e per la presentazione della domanda di protezione internazionale, il minore debba essere privo di assistenza e di rappresentanza legale sul territorio nazionale.
A sollevare il conflitto di competenza è stato il Tribunale di Torino chiamato ad occuparsi dell’istanza di un cittadino albanese che chiedeva la tutela del fratello minorenne il quale si era allontanato dal proprio Paese di origine, con il consenso dei genitori, per andare a vivere con il fratello in Italia. Il giudice tutelare del tribunale di Novara aveva trasmesso gli atti al tribunale per i minorenni di Torino per la nomina del tutore secondo il dlgs n. 220/2017 considerando il minore come straniero non accompagnato. Per il tribunale per i minorenni la qualificazione come minore straniero non accompagnato, in questa situazione, non è stata corretta perché, ad avviso del Tribunale, il minore non era privo di assistenza e, così, ha sollevato il regolamento di competenza. La Cassazione ha chiarito che, in base all’articolo 2 della legge n. 47/2017 il minore straniero non accompagnato deve essere privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori e di altri adulti legalmente responsabili in base alle leggi dell’ordinamento italiano. L’uso della congiunzione “e” – osserva la Corte – “indica la necessaria concorrenza di entrambe le condizioni: la prima, relativa al profilo dell’assistenza materiale, intesa come assenza di soggetti che abbiano la cura, la custodia e assicurino il benessere del minore; la seconda, relativa al profilo della rappresentanza legale, intesa come assenza di soggetti che rappresentino il minore e per questo siano formalmente responsabili”. Tali condizioni si ricavano anche dalla direttiva 2013/33 e dalla 2011/95 che, proprio per garantire l’interesse superiore del minore, considerano centrale l’assistenza e la rappresentanza legale sul territorio. Di conseguenza, considerando che la rappresentanza legale è quella prevista secondo l’ordinamento italiano ed è attribuita ai soli genitori che non possono delegarla “in forma privatistica ad altri soggetti”, non è possibile negare la qualifica di minore straniero non accompagnato a colui che è assistito da un fratello con dimora in Italia. Pertanto, per la Cassazione la competenza è del tribunale per i minorenni.
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