La Polonia perde il primo round dinanzi alla Corte Ue. La legge approvata il 3 aprile 2018 che dispone l’immediato abbassamento dell’età pensionabile dei giudici della Corte suprema, di fatto imponendo la pensione al raggiungimento del 65esimo anno di età, è incompatibile con le regole Ue. Lo ha scritto la Corte di giustizia dell’Unione europea con ordinanza depositata il 19 ottobre 2018 (C-619/18, C-619:18). La vicepresidente della Corte, che ha adottato l’ordinanza, ha dato ragione, almeno in questa fase, alla Commissione europea che aveva depositato un ricorso per inadempimento. In attesa della pronuncia di merito, la Corte ha accolto la richiesta di provvedimenti provvisori e ordinato alla Polonia di sospendere l’applicazione delle regole sull’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici della Corte suprema, chiedendo altresì che sia garantito ai giudici interessati di continuare ad esercitare le proprie funzioni con lo status precedente a quello dell’entrata in vigore della legge. Bloccata anche la possibilità di nomina di giudici secondo le nuove regole, nonché del nuovo Presidente della Corte suprema. Per la vicepresidente della Corte Ue il requisito dell’indipendenza dei giudici è un elemento essenziale dell’equo processo e funzionale a preservare i valori comuni degli Stati membri enunciati dall’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea. A ciò si aggiunga che la riforma coinvolge i giudici della Corte suprema e, quindi, in ragione dell’adozione di sentenze definitive, sussiste il rischio di un danno grave e irreparabile nei confronti di ogni soggetto. Di qui la necessità di provvedimenti provvisori. La Polonia è tenuta ad informare la Commissione sulle misure adottate per conformarsi all’ordinanza.
Su questa e altre riforme adottate in Polonia, con effetti negativi sulla rule of law, si era già espressa la Commissione Venezia del Consiglio d’Europa con un parere reso l’11 dicembre 2017 (Polonia).
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