Stati e società dell’ICT devono garantire la libertà di espressione online – States and ICT Companies must act to ensure freedom of expression online

E’ stato presentato al Consiglio per i diritti umani dell’Onu, il 19 giugno, il rapporto annuale del Relatore speciale sulla promozione del diritto alla libertà di opinione e di espressione,  David Kaye. Quest’anno il documento è stato dedicato interamente alla libertà di espressione online (A/HRC/38/35, G1809672). Governi e società mettono sempre più di frequente a rischio la libertà di espressione sul web, che incontra limiti in tutto il mondo. Gli Stati hanno la responsabilità di assicurare il rispetto del diritto interno e internazionale, ma devono agire garantendo che la libertà di espressione sul web non sia compromessa. Purtroppo – osserva il Relatore – i Governi si muovono nella direzione sbagliata e spesso mettono a rischio la libertà di espressione per ragioni legate alla sicurezza e alla lotta al terrorismo. Di qui la richiesta agli Stati di rispettare il diritto internazionale con particolare riguardo all’articolo 19 del Patto sui diritti civili e politici che assicura la libertà di espressione e ai colossi del web il richiamo a rispettare i diritti umani in ogni fase delle proprie attività. Con la massima trasparenza nell’adozione delle regole e nella loro applicazione. Desta allarme, in particolare, la moderazione automatica dei contenuti che non appare conforme al rispetto dei diritti umani. Pertanto, nelle raccomandazioni conclusive, David Kaye ha chiesto un rafforzamento del ruolo delle autorità nazionali, con particolare riguardo ai giudici al fine di stabilire la liceità dei contenuti. Il rapporto include un esame delle modalità con le quali le società regolano il contenuto on line e punta al rispetto dei Principi guida su Imprese e diritti umani adottati dall’Onu nel 2011.

Oscuri, poi, troppi passaggi, con una marcata assenza di trasparenza che deve essere rafforzata. Il documento è stato redatto tenendo conto dei commenti inviati da 21 Stati, inclusa l’Italia, e da 29 attori non statali. Grandi assenti i social network.

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