Raccolta dati, tecnologie dell’informazione e diritti umani in uno studio dell’Agenzia Ue sui diritti fondamentali

La raccolta dei dati e la tecnologia possono essere utili per individuare i minori migranti scomparsi e per combattere i furti di identità. Ma, al netto di aspetti positivi, la tecnologia dell’informazione e la raccolta massiccia di dati biometrici destano allarme per la tutela dei diritti umani. In particolare – scrive l’Agenzia dei diritti fondamentali dell’Unione europea nello studio “Under watchful eyes – biometrics, EU It-systems and fundamental rights”, pubblicato il 28 marzo (fra-2018-biometrics) – è evidente un rischio per l’incidenza della raccolta dati sui diritti umani fondamentali, con rischi di trattamenti iniqui finanche nelle procedure di asilo. Lo studio approfondisce l’operare concreto di raccolta tramite Eurodac e il sistema d’informazione Schengen. In particolare, su tale aspetto, sono stati analizzati, oltre alle prassi dei tribunali nazionali, il rapporto tra raccolta dati e principio di non-refoulement.

Tra i temi analizzati, le questioni giuridiche legati al diritto di accesso ai dati, le richieste di correzione e di cancellazione, nonché l’accesso ai dati per combattere il terrorismo e i rischi legati agli attacchi informatici.

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