Se la divergenza tra volontà e dichiarazione nella conclusione di un matrimonio ecclesiastico è manifesta la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio può essere delibata senza che sorgano limiti al riconoscimento della pronuncia fondati sull’eccezione dell’ordine pubblico. La Corte di cassazione (I sezione civile), con sentenza n. 17465/11 resa il 22 agosto (12678945), ha precisato i contorni dell’operatività del limite dell’ordine pubblico nei casi di delibazione di sentenze ecclesiastiche. Alla Suprema Corte si era rivolta una donna la quale si opponeva alla dichiarazione di efficacia, decisa dalla Corte d’appello di Bologna, della sentenza del tribunale ecclesiastico che aveva dichiarato la nullità del matrimonio. Per la Suprema Corte, è da respingere la tesi della ricorrente secondo la quale doveva essere applicato l’art. 797 c.p.c. – ormai abrogato con la legge 218/1995 – in virtù dell’ultrattività della norma rispetto ai procedimenti di delibazione delle sentenze ecclesiastiche. La Cassazione, inoltre, sancita l’applicazione dell’art. 64 della legge 218/95, ha rilevato che la delibazione della pronuncia non comporta effetti contrari all’ordine pubblico tanto più che il giudice di merito, nel dichiarare efficace la sentenza ecclesiastica, non si è limitato a recepire le affermazioni della sentenza, ma ha analizzato attentamente l’istruzione probatoria del giudizio canonico dalla quale risultava chiaramente che si era realizzata una divergenza tra volontà del marito e dichiarazione resa al momento del matrimonio con riguardo all’indissolubilità del vincolo del matrimonio, di cui la donna era consapevole.
Grazie a Guida al diritto per la sentenza
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