La Commissione europea ha proceduto al restyling del manuale comune sul rimpatrio che le autorità competenti degli Stati membri devono utilizzare nell’espletamento dei compiti connessi al rimpatrio. Con la raccomandazione 2017/2338 del 16 novembre, pubblicata oggi sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, serie L 339 (rimpatrio), Bruxelles ha aggiornato il Manuale del 2015 tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Obiettivo: garantire l’attuazione uniforme delle regole Ue sul rimpatrio, in linea con la direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (direttiva rimpatri), assicurando il diritto di ogni persona “di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio o che incida in modo rilevante sui suoi interessi, che è anche parte integrante del rispetto del diritto alla difesa, un altro principio generale del diritto dell’UE”.
In particolare, le indicazioni individuate dalla Commissione hanno il fine di “rendere più efficaci le procedure di rimpatrio” e consentire la rimozione degli ostacoli giuridici e pratici ai rimpatri. Il Manuale è indirizzato a forze di polizia, guardie di frontiera, servizi per l’immigrazione, personale dei centri di trattenimento e organismi di controllo, nonché ad ogni soggetto coinvolto sulle questioni dell’immigrazione tra i quali le autorità giudiziarie, quelle incaricate della protezione dei minori, i servizi medici e sociali e il personale dei centri di trattenimento. Tuttavia, come precisato nel preambolo, il testo non fissa obblighi giuridicamente vincolanti e non stabilisce nuovi diritti e doveri ed è basato sul lavoro degli Stati membri e della Commissione nell’ambito del «Comitato di contatto sulla direttiva rimpatri 2008/115/CE» nel periodo 2009-2017. Il Manuale si occupa delle questioni di qualificazione, delle sanzioni in caso di violazione delle norme in materia di migrazione, fermo e obbligo di emettere una decisione di rimpatrio, degli aspetti dell’allontanamento e del monitoraggio dei rimpatri forzati, con una particolare attenzione al rimpatrio dei minori non accompagnati nei confronti dei quali ogni decisione deve essere adottata tenendo conto dell’interesse superiore del minore. In questa direzione, è precisato che “è obbligatorio ascoltare il minore non accompagnato, direttamente o tramite un rappresentante o un organo appropriato, ed effettuare una valutazione del suo interesse superiore su base individuale, anche tenendo conto delle sue esigenze particolari, del contesto familiare e della situazione e delle condizioni di accoglienza nel Paese di rimpatrio”. Per quanto riguarda le sanzioni è precisato che gli Stati membri non possono imporre la pena della reclusione in base al diritto penale nazionale “per il solo motivo di un soggiorno irregolare prima o durante l’esecuzione della procedura di rimpatrio poiché ciò ritarderebbe il rimpatrio stesso (cfr. sentenza della Corte di giustizia nella causa El Dridi, C-61/11)”. Detto questo, però, è chiarito che la direttiva non esclude “la facoltà per gli Stati membri di reprimere con la pena della reclusione la perpetrazione di reati diversi da quelli attinenti alla sola circostanza del soggiorno irregolare, anche in situazioni in cui detta procedura non sia ancora stata conclusa (cfr. sentenza della Corte di giustizia nella causa Affum, C-47/15, punto 65)”.
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