Le Potenze occupanti responsabili per le violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo

Una battaglia che sembrava senza speranza anche alla luce dei precedenti giurisprudenziali ma che, invece, è stata vinta grazie alla sentenza della Grande camera depositata oggi (Al-Skeini e altri contro Regno Unito, ricorso n. 55721/07, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=3&portal=hbkm&action=html&highlight=&sessionid=73219376&skin=hudoc-en) che allarga l’ambito di applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo alle azioni commesse da Stati parti in territori occupati. A Strasburgo si erano rivolti sei ricorrenti, parenti di alcune vittime uccise ad Al-Basrah (Iraq) da militari inglesi. Dal 1° maggio 2003 le operazioni militari in Iraq erano cessate ed era stata istituita la Coalition Provisional Authority (CPA) che aveva anche il compito di garantire la sicurezza in Iraq. Il Regno Unito aveva il controllo della provincia di Al-Basrah. A seguito delle morti dei familiari dei ricorrenti, il Segretario di Stato per la difesa aveva deciso di non svolgre alcuna inchiesta e aveva rifiutato ogni responsabilità. I giudici inglesi, inclusa la Corte suprema, avevano poi escluso l’attuazione della Convenzione europea applicabile unicamente al territorio degli Stati contraenti. Una conclusione respinta da Strasburgo. Per la Grande Camera, infatti, è vero che la Convenzione si applica unicamente al territorio degli Stati parti ma, in circostanze eccezionali quali i casi in cui uno Stato abbia il controllo di un altro Paese, la Convenzione è applicabile al di fuori del territorio nazionale. In Iraq, per un determinato periodo, il Regno Unito si era assunto la responsabilità e il controllo di una parte del territorio (non solo, quindi, della zona nella quale si trovavano i militari). Di conseguenza esisteva un legame giurisdizionale tra il Regno Unito e le vittime irachene. Stabilita l’applicabilità della Convenzione in base all’articolo 1, la Grande camera ha anche riconosciuto che il Regno Unito ha violato l’articolo 2 che assicura il diritto alla vita: questo perché tale diritto include anche l’obbligo per gli Stati di svolgere adeguate indagini per accertare la responsabilità di chi attenta alla vita delle persone sotto il proprio controllo. Indagini che sono mancate anche perché il Regno Unito non le ha affidate a una struttura indipendente dalla catena di comando militare. Pertanto, il Regno Unito ha violato la Convenzione e deve indennizzare ciascuno dei ricorrenti con 17.000 euro, oltre a versare, complessivamente, 50.000 euro per le spese processuali.

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