Unione europea condannata per un processo troppo lungo

Per la prima volta nella sua storia, il Tribunale Ue, nella sua composizione allargata, condanna l’Unione europea a causa della durata eccessiva di un procedimento giurisdizionale svoltosi in passato dinanzi al Tribunale. Con la sentenza depositata 10 gennaio (T-577/14, T-577:14) il Tribunale ha accolto il ricorso di due società ricorrenti che, in precedenza, avevano impugnato una decisione per violazione della normativa antitrust imposta dalla Commissione Ue. Il Tribunale, in quella vicenda, aveva dato torto alle società, ma il processo era durato troppo e di qui la decisione di rivolgersi al Tribunale Ue per l’accertamento della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Secondo le due società sarebbe stato violato l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che assicura la durata ragionevole del processo. Il Tribunale, constatata la presenza delle tre condizioni, richieste cumulativamente, che consentono di azionare il ricorso per responsabilità extracontrattuale in base all’articolo 340 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (illiceità del comportamento contestato, effettività del danno e presenza di un nesso di causalità), ha dato ragione alle ricorrenti.

E’ evidente – osservano gli eurogiudici – che far passare 46 mesi tra la fine della fase scritta e l’apertura di quella orale non è giustificabile, malgrado la complessità delle cause sulla concorrenza. A ciò si aggiunga che, malgrado le parti avessero chiesto la riapertura della fase scritta, il ritardo non è loro imputabile. Di qui la violazione dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali, vincolante in base al Trattato di Lisbona. Tra l’altro, aggiunge il Tribunale, i ricorsi riguardavano la concorrenza, essenziale per il buon funzionamento del mercato interno e per la sicurezza giuridica di cui devono beneficiare non solo i diretti interessati ma anche i terzi. Per quanto riguarda il danno, chiarito che tocca al ricorrente provarne l’esistenza, il Tribunale ha accolto le doglianze delle società che hanno provato il danno materiale effettivo dovuto alle spese per la costituzione di una garanzia bancaria per il pagamento dell’ammenda alla Commissione, calcolando, però, unicamente il periodo che è andato al di là di quello ragionevole. Respinta, invece, la richiesta legata all’impossibilità di trovare subito un investitore a causa del ritardo nella pronuncia e la liquidazione dell’indennizzo per perdita di chance perché il danno non è certo né reale e la parte non ha provato il nesso di causalità tra comportamento illecito (durata irragionevole del processo) e danno. L’Unione è stata condannata a pagare alle due società 47.064, (a cui aggiungere gli interessi) per il danno materiale e 5mila euro a ciascuna società per il danno non patrimoniale causato dall’incertezza prolungata

 

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