Arriva da Bruxelles il rapporto sulle misure prese dagli Stati membri per applicare la direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile (recepita in Italia con Dlgs 4 marzo 2014, n. 39). La Commissione europea, nel documento presentato il 16 dicembre 2016 (COM(2016)871, ST_15693_2016_INIT_EN), ha fatto il punto sullo stato di attuazione dell’atto Ue, con riferimento a tutti i suoi aspetti, dalla definizione dei ben 20 reati introdotti con la direttiva, fino all’individuazione delle sanzioni, passando per l’assistenza alle vittime e per le questioni legate alla giurisdizione. Dal rapporto risulta un alto tasso di variabilità circa l’età al di sotto della quale un atto sessuale è sempre considerato violenza. La direttiva, all’articolo 5, par. 3, sancisce che “Chiunque compie atti sessuali con un minore che non ha raggiunto l’età del consenso sessuale è punito con una pena detentiva massima di almeno cinque anni”, lasciando, però, agli Stati la determinazione dell’età. Divergenze anche sul fronte delle sanzioni per le persone giuridiche.
Per quanto riguarda il sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi derivanti dai reati di cui agli articoli 3, 4 e 5, alcuni Paesi, tra i quali l’Italia, hanno predisposto norme ad hoc. Non ancora adeguato il recepimento dell’articolo 19, par. 1, in base al quale gli Stati sono tenuti ad adottare le misure necessarie “per assicurare che le vittime ricevano assistenza e sostegno prima, durante e per un congruo periodo di tempo dopo la conclusione del procedimento penale”. Sul punto, ad esempio, le informazioni fornite dall’Italia, così come da altri Paesi, non risultano soddisfacenti. Così, lacune sul livello di informazioni con riguardo all’articolo 10 che è centrale, riguardando le misure interdittive per prevenire la commissione dei reati interessati dalla direttiva e far sì che chi è stato condannato non sia più coinvolto in attività professionali che comportano contatti diretti e regolari con minori. Non del tutto positivo il recepimento, anche con riguardo all’Italia, dell’articolo 23 (training del personale coinvolto per combattere i reati). In via generale, analizzato il quadro esistente, la Commissione ritiene di non dover proporrre una modifica della direttiva, ma mantenere un monitoraggio sull’attuazione effettiva con un necessario rafforzamento nei programmi di prevenzione e di assistenza alle vittime.
Va evidenziato che l’attuazione dell’articolo 25 sulle misure contro i siti web che hanno materiale pedopornografico è oggetto di un rapporto ad hoc (COM-2016-872). Gli Stati, in base alla norma in esame, devono procedere alla rimozione immediata delle pagine web che “che contengono o diffondono materiale pedopornografico ospitate nel loro territorio e si adoperano per ottenere la rimozione di tali pagine ospitate al di fuori del loro territorio”. Va detto che solo 12 Stati membri avevano comunicato le misure adottate tant’è che la Commissione aveva avviato procedure d’infrazione, anche contro l’Italia, oggi chiuse. Sul sistema di hotline, funzionale a verificare i contenuti e la loro rimozione, la Commissione ha espresso talune critiche nei confronti di Italia, Belgio e Spagna con riguardo alla tempestività della rimozione.
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