Mandato di arresto europeo: Lussemburgo chiarisce la nozione di custodia

Solo ad alcune condizioni le misure restrittive della libertà personale possono essere equiparate a quelle privative come la detenzione. Con la conseguenza che, in questi casi, lo Stato che emette il mandato di arresto europeo è tenuto a decurtare dalla pena che il condannato deve scontare il periodo in cui il destinatario del provvedimento è stato sottoposto a misure come arresti domiciliari e braccialetto elettronico nello Stato di esecuzione. Lo ha chiarito la Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza depositata il 28 luglio (C-294/16, C-294:16), con la quale, per la prima volta, Lussemburgo si è occupata della nozione di custodia ai sensi dell’articolo 26 della decisione quadro 2002/584 relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna (recepita in Italia con legge n. 69/2005), come modificata dalla 2009/299 che rafforza i diritti processuali delle persone. E’ stato il Tribunale distrettuale di Lodz (Polonia) a rivolgersi alla Corte Ue per chiarire se, nel calcolare la pena detentiva pronunciata nei confronti di un proprio cittadino condannato a tre anni e due mesi di carcere, si dovesse tener conto del fatto che, a seguito dell’arresto dell’uomo nel Regno Unito, il condannato aveva subito una limitazione della libertà personale perché sottoposto agli arresti domiciliari per 9 ore durante la notte e all’obbligo di indossare il braccialetto elettronico. La Corte ha osservato che nella decisione quadro manca una nozione di custodia e che vi sono difficoltà interpretative dovute anche alla circostanza che la nozione varia a seconda delle differenti versioni linguistiche, ma ha stabilito che la nozione non può essere desunta dagli ordinamenti nazionali perché è propria dell’ordinamento Ue. Con la conseguenza che, tenendo conto delle finalità dell’atto Ue e di altre decisioni quadro, in via generale, le misure restrittive della libertà personale non possono essere equiparate a quelle privative come la detenzione. Detto questo, però, anche tenendo conto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sulla nozione di diritto alla libertà personale che corrisponde all’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dell’articolo 52 par. 3 della Carta, la Corte di giustizia ha stabilito che, in taluni casi, alla luce di un accertamento concreto basato sulla tipologia, la durata, gli effetti e le modalità di esecuzione della misura considerata, quest’ultima, pur essendo qualificata come restrizione è da assimilare, proprio per la sua intensità, a una privazione della libertà. Così, il periodo va decurtato dal calcolo complessivo della pena rientrando nella nozione di custodia. Situazione che, però, non sembra alla Corte si sia realizzata nel caso in esame.

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