Politici obbligati a una più ampia tolleranza per le critiche che arrivano dalla stampa. Lo dice la Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza Nadtoka contro Russia depositata il 31 maggio (ricorso n. 38010/05, AFFAIRE NADTOKA c. RUSSIE) con la quale Strasburgo ha condannato le autorità nazionali per aver comminato una sanzione penale nei confronti di una giornalista, redattrice capo di un settimanale russo. La donna aveva pubblicato un articolo critico nei confronti del sindaco di una cittadina russa ed era stata denunciata per ingiuria e condannata. Questo perché una frase dell’articolo che accusava il sindaco di essere sospettato di corruzione e aver ottenuto numerosi vantaggi era stata considerata offensiva. Di qui il ricorso della giornalista a Strasburgo che le ha dato ragione, bocciando, ancora una volta, l’operato dei giudici nazionali che non si attengono ai parametri fissati dalla Corte europea. La Corte, verificato che la restrizione alla libertà di espressione era prevista dalla legge seppure in una norma penale sull’ingiuria troppo generica, ma non vaga e imprecisa, è passata a verificare se la restrizione fosse necessaria per la tutela di un bisogno sociale imperativo. E su questo punto la Corte dà torto alla Russia. Prima di tutto perché i giudici nazionali si sono limitati a considerare unicamente l’espressione utilizzata dalla giornalista senza accertare se la notizia fosse di interesse pubblico. E’ evidente – osserva Strasburgo – che riportare dei giudizi su un uomo politico sospettato di comportamenti illegali è una notizia di interesse generale. Poco importa, tra l’altro, che il sindaco non era stato condannato in sede penale perché la mancata condanna non esclude necessariamente la realtà dei fatti denunciati. Tra l’altro, l’articolo riportava un giudizio di valore e se è vero che è necessario che vi sia una base fattuale sufficiente è anche vero che i giudici nazionali non hanno effettuato alcuna verifica limitandosi a considerare la singola espressione utilizzata dal giornalista. Eppure il grado di esagerazione di un’espressione non è di per sé decisivo tanto più che rientra in scelte stilistiche del cronista, parte integrante del diritto alla libertà di espressione. Senza dimenticare che il giornalista ha diritto a un certo grado di esagerazione e che oggetto dell’articolo era un uomo politico tenuto a una maggiore tolleranza rispetto alle critiche. I limiti della critica ammissibile, infatti, sono più ampi verso un uomo politico rispetto ai privati perché sono i politici a scegliere volontariamente di scendere nell’arena pubblica sottoponendosi a un controllo della collettività. Sul fronte della tenuità della sanzione, la Corte ha respinto la tesi del Governo ribadendo che la pena pecuniaria non deve essere considerata in sé ma rapportata al reddito annuale e chiarendo che, anche nei casi in cui una sanzione penale è tenue, non si può dimenticare che comunque si tratta di una misura penale. La Corte ha così disposto un indennizzo morale per la giornalista pari a 4mila euro e 1.900 euro per le spese processuali.
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