La direttiva 2012/29 del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, guida il giudice nazionale nella determinazione del livello di vulnerabilità della vittima. E questo anche prima del recepimento della direttiva, avvenuto con il decreto legislativo 15 dicembre 2015 n. 212. E’ la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con la sentenza n. 2702/16 depositata il 21 gennaio (2702), a chiarirlo, con riguardo alla condanna per estorsione e cessione di stupefacenti della ricorrente. In particolare, la Suprema Corte ha precisato che gli indici di vulnerabilità della vittima vanno ricavati dalla direttiva 2012/29, secondo quanto previsto dall’articolo 22 dedicato alle vittime che hanno particolari vulnerabilità. Di conseguenza – osserva la Cassazione – vanno tenute in conto le caratteristiche personali della vittima e la natura e le circostanze del reato. Con un parametro guida: la marcata vulnerabibilità della vittima ha come conseguenza che deve essere considerata la “potenzialità coercitiva di comportamenti anche velatamente e non scopertamente minacciosi”. In base alla direttiva, è stata giusta la condanna della ricorrente per estorsione in ragione, come accertato sulla base della direttiva dalla Corte di appello, del particolare stato della vittima che per la sua debolezza aveva una volontà più facilmente coartabile.
Si veda il post http://www.marinacastellaneta.it/?s=2012%2F29
Aggiungi un commento