Il mancato accertamento d’ufficio da parte del giudice nazionale sul carattere abusivo di una clausola inserita in un contratto di credito al consumo blocca gli effetti esecutivi di un provvedimento. E questo anche se si è formato il giudicato. E’ il principio stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza depositata il 18 febbraio (C-49/14, C-49:14) su rinvio dei giudici spagnoli chiamati a risolvere una controversia tra un consumatore che aveva stipulato un contratto di prestito per l’acquisto di un veicolo e un istituto di credito che aveva concesso il finanziamento. Il cliente non aveva pagato alcune e l’istituto che aveva concesso il finanziamento, risolto il contratto, aveva chiesto al tribunale di avviare un procedimento d’ingiunzione. Solo dopo l’emissione dell’ingiunzione e la richiesta di adozione dell’ordine di esecuzione, i giudici spagnoli hanno chiesto aiuto alla Corte Ue sull’interpretazione della direttiva 93/13 sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, recepita in Italia con Dlgs 206/2005 contenente il codice del consumo. Prima di tutto, la Corte di giustizia parte dalla constatazione che la normativa Ue non armonizza i meccanismi nazionali di esecuzione forzata e, quindi, ogni Stato ha piena libertà, sulla base del principio di autonomia processuale, nella scelta delle regole interne sull’esecuzione. Tuttavia, malgrado l’ampia libertà degli Stati, questi ultimi sono tenuti a rispettare il principio di equivalenza e di effettività e, quindi, fare in modo che non sia impossibile o eccessivamente difficile per un consumatore far valere il diritto Ue sul piano interno. Il sistema che prevede un intervento del consumatore solo in modo limitato e la chiusura di un procedimento di ingiunzione senza un accertamento compiuto d’ufficio dal giudice sull’eventuale presenza di clausole abusive appare così contraria alla direttiva 93/13. Ogni protezione fornita al consumatore, senza l’accertamento della natura abusiva di alcune clausole, sarebbe priva di effettività con la conseguenza che le clausole contrattuali non negoziate individualmente e abusive potrebbero produrre effetti a danno della parte debole ossia il consumatore. Una conseguenza inaccettabile che porta la Corte a incidere sui sistemi processuali nazionali e, in particolare, sulle modalità di attuazione del principio dell’autorità di cosa giudicata, richiedendo un controllo d’ufficio “della potenziale natura abusiva delle clausole inserite in un contratto”. Questo anche quando la decisione sull’ingiunzione ha natura di “cosa giudicata” e il procedimento è già nella fase di esecuzione. E’ vero, infatti, che anche le modalità di attuazione dell’autorità di giudicato rientrano nella competenza degli Stati, ma gli obblighi di rispettare i principi cardine del diritto dell’Unione ossia equivalenza ed effettività vanno sempre garantiti.
Aggiungi un commento