Restrizione della libertà personale non automatica nel caso del MAE passato attraverso il SIS

Non basta la richiesta di un mandato di arresto europeo per far scattare automaticamente un provvedimento restrittivo della libertà personale in vista della consegna. E’ necessario, infatti, che le autorità nazionali indichino i motivi che richiedono una misura cautelare detentiva per poi eseguire la consegna. Lo ha precisato la Corte di Cassazione, terza sezione penale, con sentenza n. 47995/15 depositata il 3 dicembre (47995). Il ricorso era stato presentato da un cittadino italiano che si opponeva all’ordinanza della Corte di appello di Salerno con la quale era stato dato il via libera alla consegna richiesta dalle autorità maltesi in quanto il destinatario del provvedimento risultava indagato per produzione e vendita di sostanze stupefacenti. Tuttavia, nell’ordinanza, non erano state spiegate le motivazioni alla base del provvedimento restrittivo della libertà personale. Il mandato di arresto era arrivato alle autorità italiane su segnalazione del sistema d’informazione Schengen (SIS). Secondo la Corte di appello di Salerno, l’arresto era dovuto in base all’articolo 11 della legge n. 69/2005 con la quale è stata recepita la decisione quadro 2002/584 sul mandato di arresto europeo e le procedure di consegna tra Stati membri. Secondo l’indicata disposizione, infatti, a seguito della segnalazione nel SIS nelle forme richieste da parte dell’autorità competente dello Stato membro che chiede la consegna, la polizia giudiziaria dello Stato richiesto “procede all’arresto della persona ricercata, ponendola immediatamente, e, comunque, non oltre ventiquattro ore, a disposizione del presidente della corte di appello nel cui distretto il provvedimento è stato eseguito, mediante trasmissione del relativo verbale, e dando immediata informazione al Ministro della giustizia”. La Cassazione riconosce che la segnalazione nel SIS ha “il medesimo effetto di una domanda di arresto provvisorio” e che l’arresto è un atto dovuto, con l’obbligo di verificare unicamente che la segnalazione sia effettuata da un’autorità competente di uno Stato membro e nelle forme richieste, ma poiché la disciplina del mandato di arresto europeo non implica l’obbligo di privazione della libertà personale e le due decisioni – quella sugli aspetti cautelari e quella sulla consegna – sono distinte, la misura restrittiva va motivata. Pertanto – scrive la Cassazione – non si può prospettare in modo automatico che in tutte le ipotesi in cui si procede verso l’estero si applichi la custodia cautelare perché significa ammettere che nei provvedimenti di consegna vi è sempre il pericolo di fuga che va invece motivato e accertato. Considerando tra l’altro – prosegue la Suprema Corte – se non sia possibile applicare altra misura, diversa da quella carceraria. Così, la Cassazione ha annullato l’ordinanza rimettendola alla Corte di appello.

1 Risposta
  • massimiliano autiero
    dicembre 17, 2015

    marina castellaneta mi contata anche su Facebook massimo autiero se può grazie?

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