La libertà di espressione garantita dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo non può essere utilizzata per diffondere messaggi sul negazionismo o dichiarazioni che hanno un evidente intento di seminare messaggi antisemiti. Lo ha stabilito, a chiare lettere, la Corte europea dei diritti dell’uomo nella decisione del 10 novembre con la quale è stato dichiarato irricevibile il ricorso di M’Bala M’Bala, noto come Dieudonné (M’BALA M’BALA c. FRANCE). Il ricorrente, nel corso di uno spettacolo teatrale, aveva invitato Faurisson, un accademico condannato a più riprese per aver negato l’olocausto. Lo spettacolo era derisorio delle sofferenze degli ebrei ed era stato diffuso anche via internet. I giudici francesi lo avevano condannato per offese razziste verso un determinato gruppo in ragione dell’appartenenza religiosa. L’uomo era stato tenuto a versare un indennizzo. Di qui il ricorso alla Corte europea. Il “comico” riteneva che era stata violata la sua libertà di espressione garantita dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Una tesi del tutto bocciata a Strasburgo che ha condiviso la posizione dei giudici nazionali. Il ricorrente aveva scientemente invitato un uomo noto per le sue posizioni negazioniste e aveva deriso le sofferenze degli ebrei facendo apparire un attore vestito con il pigiama che indossavano le vittime dell’olocausto, incaricato di consegnare un premio a Faurisson. Erano evidenti, tra l’altro, i passaggi antisemiti contenuti nello spettacolo e la condivisione delle posizioni negazioniste. Il ricorrente aveva cercato di arrampicarsi sugli specchi sostenendo che aveva invitato Faurisson per contestare la sua tesi ma non è stata individuata alcuna traccia di una presa di distanza dalle posizioni denigratorie o dall’antisemitismo di Faurisson. Respinta poi la giustificazione della provocazione tanto più che più che uno spettacolo teatrale l’incontro si era trasformato in un meeting politico. E’ evidente – osserva la Corte – che l’intera scena, anche con la presenza di un attore vestito da deportato che premia Faurisson, è stata una manifestazione di odio e di antisemitismo e che Dieudonné voleva valorizzare il negazionismo. Non si può certo accettare – prosegue Strasburgo – che l’espressione di un’idea che va contro i valori fondamentali della Convenzione come la pace e la giustizia, possa ottenere una protezione ai sensi dell’articolo 10. La Corte applica senza esistazione l’articolo 17 della Convenzione in base al quale nessuna disposizione del trattato «può essere interpretata come implicante il diritto per uno Stato, gruppo o individuo di esercitare un’attività o compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella Convenzione…». E’ vero – scrive la Corte – che la norma finora è stata applicata unicamente con riguardo a manifestazioni esplicite e dirette per le quali non è necessaria alcuna interpretazione, ma essa è applicabile anche ai casi di posizioni antisemite nascoste dietro l’alibi di una rappresentazione per così dire artistica che è comunque un attacco pericoloso per i valori della Convenzione. Nessuna protezione, quindi, in base all’articolo 10 che non può certo essere utilizzato in modo contrario allo spirito della Convenzione. Se fosse ammessa una simile tutela si contribuirebbe alla “distruzione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione”. In forza dell’articolo 17, quindi, il ricorrente non può avvalersi dell’articolo 10.
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