Azioni di risarcimento danni e crimini di guerra: esclusa l’immunità della Serbia

La Corte di cassazione si avvale della sentenza n. 238 resa dalla Consulta nel 2014 e nega l’immunità dalla giurisdizione della Serbia per crimini di guerra imponendo il risarcimento delle parti civili. Con la sentenza n. 43696/15 del 29 ottobre 2015 (43696), la prima sezione penale della Cassazione ha escluso l’immunità dalla giurisdizione della Serbia in relazione a un crimine di guerra. Nel corso degli eventi bellici legati alla disgregazione dell’ex Iugoslavia, un militare serbo aveva dato l’ordine di abbattere un elicottero in missione di monitoraggio internazionale per conto dell’allora Comunità europea, causando la morte di 4 militari italiani e di un francese. La Corte di assise di appello di Roma, ribaltando il giudizio in primo grado, aveva condannato, nel 2013, il tenente colonnello serbo accusato di aver dato l’ordine, nel 1992, al pilota di un caccia Mig di abbattere l’elicottero. Questo malgrado fosse ben visibile l’acronimo E.C.M.M. (European community monitor mission), affiancata dalla bandiera delle Nazioni Unite e fosse stato comunicato alle autorità militari serbe, malgrado non fosse necessario, l’operativo del volo. La Cassazione, confermando che il pilota del Mig aveva abbattuto l’elicottero sulla base degli ordini di Opacic, che era al vertice della catena di comando, ha respinto il ricorso del militare condannato. Così come ha rigettato la tesi serba che si è arrampicata sugli specchi sostenendo alcuni vizi procedurali e difetti di notificazione. La Serbia ha anche eccepito il difetto di giurisdizione dei giudici italiani nei confronti di uno Stato estero per le domande di risarcimento presentate dalle parti civili. Di diverso avviso la Cassazione che ha richiamato, a fondamento della propria decisione, sia la sentenza n. 238 sia l’ordinanza n. 30 rese dalla Corte costituzionale. La Cassazione, tenendo conto della “centralità dei diritti fondamentali della persona per il nostro ordinamento” e della circostanza che per la tutela dei diritti inviolabili delle vittime di un crimine internazionale non può essere “preclusa la piena verifica giurisdizionale” perché ciò renderebbe “sproporzionato il sacrificio di principi costituzionali rispetto all’obiettivo di non incidere sull’esercizio della potestà di Governo dello Stato straniero quando quest’ultima si sia espressa attraverso condotte delittuose qualificabili come crimini di guerra o crimini contro l’umanità”, ha riconosciuto la propria competenza a pronunciarsi. L’immunità dello Stato straniero – come rilevato dalla Consulta -protegge la funzione di governo e non certo comportamenti che “non attengono al corretto esercizio di tale potestà”. Ora, chiarito che la condotta di Opacic deve essere ricondotta alla Serbia e che il comportamento illecito rientra tra i crimini di guerra che “si caratterizzano per la lesione dei valori universali di rispetto della dignità umana, che trascendono gli interessi delle singole comunità statali che si fronteggiano in un contesto bellico”, la Corte nega l’immunità alla Serbia, tanto più che è stato superato il limite posto all’immunità dello Stato straniero proprio in ragione della gravità del crimine commesso. La Cassazione ha anche respinto l’interpretazione della sentenza n. 238 fatta dalla difesa della Serbia secondo la quale non sussisterebbe una condizione per affermare la giurisdizione nei confronti di Stati per crimini di guerra perché vi sarebbero altre possibilità di azione per ottenere il risarcimento dei danni per i danneggiati. Al via quindi i risarcimenti alle parti civili.

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