Doppia condanna all’Italia per trattamenti disumani e degradanti

Una giornata nera per l’Italia che subisce due condanne per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che stabilisce il divieto di trattamenti disumani o degradanti. La prima sentenza relativa al caso Toumi contro Italia (ricorso n. 25716/09, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?action=html&documentId=884040&portal=hbkm&source=externalbydocnumber&table=F69A27FD8FB86142BF01C1166DEA398649) riguardava l’espulsione in Tunisia di un terrorista malgrado la Corte europea avesse disposto con misure provvisorie (articolo 39 del regolamento della Corte) il divieto di espulsione fino all’accertamento nel merito del ricorso presentato alla Corte. Il cittadino tunisino, sposato con un’italiana, era stato condannato a 7 anni di carcere per terrorismo. La sua pena era stata condonata ma era stata disposta l’espulsione verso la Tunisia. Il Governo, infatti, aveva considerato credibili le assicurazioni della Tunisia, trascurando del tutto i rapporti di organizzazioni come Amnesty International. Una valutazione non condivisa dalla Corte europea che, proprio in ragione dell’attendibilità delle fonti relative al rischio di trattamenti disumani, ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 3. Tenuto conto, poi, che le autorità nazionali non hanno rispettato le misure provvisorie imposte dalla Corte che chiedeva al Governo di non espellere il cittadino tunisino fino all’accertamento nel merito, Strasburgo ha constatato anche una violazione dell’articolo 34 e ha concesso al ricorrente 15.000 euro per i danni morali.

L’altra condanna è arrivata nel caso Sarigiannis contro Italia (ricorso n. 14569/05, http://cmiskp.echr.coe.int/tkp197/view.asp?item=1&portal=hbkm&action=html&highlight=Sarigiannis&sessionid=69100943&skin=hudoc-fr) e anche in questo caso per violazione dell’articolo 3. Questi i fatti: un cittadino francese e suo figlio erano stati fermati all’aeroporto di Fiumicino per oltre due ore. Il padre lamentava di essere stato colpito dalle forze dell’ordine e di non aver potuto comunicare con la propria ambasciata. Rilasciato era andato in ospedale dove gli era stato diagnosticato un trauma cranico ed escoriazioni varie. Il giudice per le indagini preliminari aveva disposto l’archiviazione. Di qui il ricorso alla Corte che ha riconosciuto che le forze di polizia hanno il diritto di ricorrere a misure anche dure ma la loro reazione al comportamento del ricorrente era stata sproporzionata. Tanto più che il ricorrente aveva sofferto non solo dal punto di vista fisico ma anche psicologico. Pertanto, ad avviso della Corte, l’Italia ha violato l’articolo 3.

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