Italia sul podio per i ritardi nell’esecuzione delle sentenze CEDU

L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, il 30 settembre, ha approvato la raccomandazione n. 2079 (X2H-Xref-ViewPDF) e la risoluzione n. 2075 (res. 2075) relative all’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo. Sono circa 11mila le sentenze non ancora eseguite con i problemi più gravi da parte di Bulgaria, Grecia, Ungheria, Italia, Polonia, Romania, Russia, Turchia e Ucraina. E’ vero – scrive l’Assemblea parlamentare – che la responsabilità sul monitoraggio dell’esecuzione delle sentenze è del Comitato dei ministri, ma l’Assemblea può incoraggiare i Parlamenti nazionali chiedendo di rimuovere le leggi interne spesso causa delle violazioni della Convenzione europea. La raccomandazione e la risoluzione dell’Assemblea seguono l’ottavo rapporto sull’esecuzione delle sentenze della Corte europea redatto dal Relatore speciale Klaas de Vries il 9 settembre (rapporto). I problemi principali per l’Italia derivano dalla durata eccessiva dei processi, dall’espulsione degli stranieri e dalle condizioni di detenzione. Per rafforzare il controllo della situazione relativa ai ritardi nell’esecuzione delle sentenze con l’80% dei casi che riguardano solo 8 Stati, il Relatore ha chiesto e ottenuto l’istituzione di un Sottocomitato anche per accertare l’effettivo impatto delle misure chieste dal Comitato dei Ministri sul piano nazionale. Sul punto, il Relatore ha chiesto agli 8 Stati coinvolti, inclusa l’Italia, di prevedere un sistema interno per monitorare gli effetti delle misure generali adottate in modo da fornire al Comitato di ministri dati aggiornati e completi. Il Relatore speciale ha poi indirizzato al Comitato dei Ministri la richiesta di utilizzare le procedure d’infrazione previste dall’articolo 46 paragrafi 4-5 in base al quale il Comitato, se uno Stato rifiuta di conformarsi a una sentenza definitiva, dopo aver messo in mora lo Stato, a maggioranza dei 2/3, può adire la Corte.

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