Clausole abusive: anche il professionista può essere un consumatore

Con la sentenza del 3 settembre nella causa C-110/14 (avvocato:consumatore), la Corte di giustizia dell’Unione europea ha precisato in quali casi un libero professionista può essere considerato un consumatore ai fini dell’applicazione della direttiva 93/13 sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, recepita in Italia con Dlgs 206/2005 contenente il codice del consumo. In particolare, gli eurogiudici, nell’ampliare il perimetro di applicazione della direttiva, hanno chiarito che un avvocato il quale conclude un contratto con un istituto di credito, non legato alla sua attività professionale, ha diritto alla tutela accordata ai consumatori. E questo anche nei casi in cui, congiuntamente a quello principale, stipula un contratto accessorio di mutuo in cui fornisce come garanzia un immobile legato allo studio legale. Il rinvio pregiudiziale era stato sottoposto dai giudici rumeni investisti di una richiesta di annullamento di una clausola abusiva presentata da un avvocato che aveva stipulato un contratto di credito con una banca, garantito da un’ipoteca su un immobile del suo studio legale. Il contratto era stato firmato dal legale sia in quanto mutuatario sia come rappresentante dello studio, per la garanzia fornita dall’immobile. Punto controverso è se la direttiva possa essere applicata a un contratto in cui il consumatore è una persona fisica che esercita, però, una libera professione. La direttiva, infatti, ha un limite dal punto di vista soggettivo perché si applica unicamente ai contratti in cui uno dei contraenti sia una persona fisica che agisce al di fuori della sua attività professionale e l’altro sia un professionista che, invece, svolge l’attività professionale nel momento di conclusione del contratto.

Per la Corte, la qualificazione dei contraenti non va fatta in astratto, ma deve essere legata al caso di specie. Pertanto, “una stessa e identica persona può agire in quanto consumatore nell’ambito di determinate operazioni e in quanto professionista in altre”. Non è rilevante l’attività professionale in generale, mentre ha importanza se nella stipulazione del contratto il consumatore agisca o no come professionista, considerando le condizioni del contratto, la natura del bene o del servizio oggetto dell’obbligazione e i fini per i quali il bene è acquisito. Se un avvocato agisce per fini che non rientrano nella sua attività professionale, la direttiva va applicata e l’avvocato tutelato come consumatore, con l’annullamento della clausola abusiva. E questo anche se il legale dispone “di un elevato livello di competenze tecniche”, perché quest’unica circostanza non è sufficiente ad escludere che possa essere considerato parte debole. La situazione di inferiorità di un contraente, d’altra parte, non è limitata al livello di informazione, ma va valutato anche il potere di trattativa durante la fase negoziale che può essere ristretto anche per un avvocato, spingendolo ad aderire alle condizioni predisposte dall’altro contraente senza poter incidere sul contenuto delle stesse.

Né cambia la qualificazione per il fatto che il credito sorto dal contratto sia stato garantito con un’ipoteca utilizzando un immobile appartenente allo studio legale e, quindi, un bene destinato all’attività professionale, anche perché la qualità di consumatore va accertata con riferimento al contratto principale (e, quindi, quello di credito) e non a quello accessorio.

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