Il patrimonio archeologico è fonte della memoria collettiva europea. E va, quindi, protetto. In questa direzione, l’Italia, con ritardo, ha adottato la legge del 29 aprile 2015 n.52 di ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, adottata a La Valletta il 16 gennaio 1992, alla quale sono parti 43 Paesi (convenzione). Troppi i rischi di degrado del patrimonio archeologico dovuti a lavori di assetto urbanistico, ai pericoli naturali e agli scavi clandestini. Un deterioramento di beni di inestimabile valore che incide su tutti i Paesi che sono quindi obbligati ad adottare adeguate misure di protezione. La Convenzione del 1992, che rafforza i principi stabiliti in quella di Londra del 1969, chiarita la nozione di bene archeologico, individua gli obblighi che gravano sugli Stati come la predisposizione di un regime legislativo idoneo a tutelare i beni, la gestione di un inventario, l’individuazione di zone di riserva, gli obblighi di segnalazione. Oltre ad occuparsi delle procedure di autorizzazione e di controllo degli scavi, la Convenzione chiede agli Stati l’adozione di misure di sensibilizzazione del pubblico, nonché la messa in campo di azioni preventive per evitare la circolazione illecita del patrimonio archeologico.
Qui il rapporto esplicativo alla Convenzione Council of Europe – Explanatory Report to the European Convention on the Protection of the Archaeological Heritage (revised) (ETS no. 143).
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