Ordinanza della Corte Ue sul ne bis in idem

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con ordinanza del 15 aprile, ha dichiarato la propria manifesta incompetenza a decidere sul rinvio pregiudiziale del Tribunale ordinario di Torino su una questione relativa al ne bis in idem (C-497/14, ordinanza). Al centro del procedimento dinanzi ai giudici interni, l’omesso versamento, come sostituto d’imposta, delle imposte dovute dal legale rappresentante di una società. L’Agenzia delle entrate aveva disposto la sanzione amministrativa e l’uomo era stato anche rinviato a giudizio. Di qui i dubbi di compatibilità con l’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e con l’articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, norme che assicurano il diritto a non essere giudicati due volte per lo stesso reato. La Corte ha chiarito che nel caso di specie non si poneva alcuna questione d’interpretazione del diritto Ue e, considerando che in base all’articolo 51 della Carta quest’ultima si applica agli Stati membri solo per questioni relative all’attuazione del diritto Ue, ha stabilito la propria manifesta incompetenza. La Corte ha anche tenuto a precisare la differenza tra tale caso che riguarda il mancato versamento di ritenute alla fonte relative all’imposta sul reddito e la sentenza Åklagaren del 26 marzo 2013 (C-617/10) che verteva sugli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto. In quest’ultimo caso la Corte, in relazione  all’avvio in Svezia di un procedimento penale per frode fiscale malgrado fosse già stata inflitta una sovrattassa per gli stessi fatti di falsa dichiarazione, ha stabilito che la norma della Carta non osta a che uno Stato membro imponga “per le medesime violazioni di obblighi dichiarativi in materia di IVA, una combinazione di sovrattasse e sanzioni penali”, affermando, però, che se la sovrattassa ha natura penale, ai sensi dell’art. 50 della Carta, e la pronuncia che l’ha comminata ha carattere definitivo, la norma della Carta “osta a che procedimenti penali per gli stessi fatti siano avviati nei confronti di una stessa persona”. Nell’ordinanza del 15 aprile 2015, invece, la Corte non ha potuto pronunciarsi perché la questione non rientra nella sfera di applicazione del diritto Ue e le sole disposizioni della Carta non possono di per sé giustificare la competenza.

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