La libertà di espressione prevale sul diritto alla tutela del proprio nome utilizzato in spot pubblicitari. Soprattutto se il messaggio pubblicitario ha un intento umoristico ed è coinvolto un personaggio pubblico. Lo ha chiarito la Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza depositata il 19 febbraio nel caso Ernst August von Hannover contro Germania, con la quale la Corte ha respinto il ricorso fondato sull’articolo 8 che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare, dando ragione alla Germania (ricorso n. 53649/09 AFFAIRE ERNST AUGUST VON HANNOVER c. ALLEMAGNE).
A rivolgersi a Strasburgo è stato l’ex marito della principessa Carolina di Monaco, il quale aveva presentato ricorso ai tribunali tedeschi perché la società British American Tobacco aveva utilizzato il suo nome di battesimo e richiamato l’episodio di una rissa nella quale era stato coinvolto per pubblicizzare una marca di sigarette. In ultimo grado, la Corte federale tedesca aveva respinto il ricorso facendo prevalere il diritto alla libertà di espressione. Una conclusione condivisa dalla Corte europea che, pur partendo dal presupposto che l’utilizzo non autorizzato del nome, riconducibile al ricorrente poiché era stato riprodotto un evento noto che lo aveva riguardato, aveva influenzato la sua vita privata e, quindi, inciso sull’articolo 8 che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare tenendo conto che il nome è uno strumento di identificazione, ha fatto prevalere la libertà di espressione. Nel caso di specie, il nome era stato usato in un contesto che permetteva l’identificazione del ricorrente ma il diritto alla vita privata in cui è incluso il diritto al nome va bilanciato con la libertà di espressione che si applica anche alle dichiarazioni in ambito commerciale. Lo spot aveva coinvolto un personaggio pubblico e non aveva elementi offensivi o degradanti verso il ricorrente, riprendendo un tema di interesse pubblico – la rissa – in chiave umoristica. Ora, la Corte arriva alla conclusione che i giudici nazionali hanno agito nel rispetto dei parametri di Strasburgo, bilanciando il diritto alla libertà di espressione con quello alla vita privata, con l’ago della bilancia che si è giustamente spostato verso la libertà di espressione anche tenendo conto che la persona coinvolta era un personaggio pubblico. Respinto così il ricorso di von Hannover.
Analoga conclusione è stata raggiunta nella sentenza Bohlen contro Germania (ricorso n. 53495/09) depositata lo stesso giorno.
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