Occupazione acquisitiva: nuova condanna all’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo torna sull’occupazione acquisitiva e lo fa con una nuova condanna all’Italia. Con la sentenza depositata il 25 novembre (Maiorano e Serafini contro Italia, ricorso n. 997/05, CASE OF MAIORANO AND SERAFINI v. ITALY), Strasburgo ha accertato una violazione del diritto di proprietà riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e ha deciso che il Governo deve versare ai ricorrenti 127mila euro per i danni patrimoniali e 15mila per quelli morali. Alla Corte europea avevano presentato ricorso quattro proprietari che erano stati privati di una parte del proprio fondo perché l’amministrazione comunale, senza avvalersi dell’espropriazione per pubblica utilità ma facendo ricorso all’occupazione acquisitiva, aveva deciso di costruire case per l’edilizia residenziale pubblica. Era così iniziata una diatriba amministrativa e giudiziaria lunga e complessa che si è dipanata dal 1985, con il provvedimento del Comune, fino alla sentenza della Cassazione del 2004. Il Governo italiano ha cercato di evitare la pronuncia della Corte europea depositando una dichiarazione unilaterale con la quale chiedeva la cancellazione della causa dal ruolo e s’impegnava al pagamento di un indennizzo di 50mila euro. Una proposta respinta dalla stessa Corte europea secondo la quale la somma liquidata non avrebbe assicurato il pieno rispetto dei diritti convenzionali. Nel merito, i giudici internazionali, accertato che l’occupazione acquisitiva e l’accessione invertita sono contrari alla Convenzione e che, a seguito delle sentenze della Corte costituzionale n. 348 e n. 349 del 2007, è stata adottata una legge che le vieta, ha stabilito che la privazione del godimento della proprietà non era legittima. In pratica, i ricorrenti sono stati privati del diritto al godimento del bene e hanno subito ritardi nell’ottenimento dell’indennizzo. Accertata la violazione dell’articolo 1, Strasburgo ha deciso che anche un livello insufficiente di riparazione è una violazione della Convenzione, confermando i criteri di calcolo, per la determinazione dell’indennizzo, stabiliti dalla Grande Camera nella sentenza Guiso-Gallisay del 22 dicembre 2009. Per la Corte l’importo deve essere quantificato tenendo conto del valore di mercato della proprietà nel momento in cui il giudice interno lo ha stabilito, considerando in aggiunta l’incidenza dell’inflazione, ma non il plusvalore apportato dalla costruzione delle case. Pertanto, per il danno patrimoniale, la Corte ha fissato un indennizzo di 88mila più 39 mila euro per la perdita di opportunità e di 15mila euro per il danno morale.

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