No all’immunità senza limiti del capo di Stato. Lo dice la Cedu

Nella prima sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo su un caso di immunità assoluta dalla giurisdizione civile riguardante il Presidente di uno Stato, Strasburgo boccia le previsioni legislative interne che assicurano una totale impossibilità, per un individuo, di agire in giudizio contro il Capo di Stato. La pronuncia del 2 dicembre, che ha condotto alla condanna della Moldova (ricorso n. 27756/05 e 41219/07, CASE OF URECHEAN), ha preso il via da un ricorso di due politici dell’opposizione che avevano citato in giudizio l’allora Presidente della Repubblica di Moldova per le dichiarazioni diffamatorie rese a loro danno dal Presidente nel corso di un’intervista televisiva. I tribunali interni avevano respinto l’azione invocando l’immunità dalla giurisdizione riconosciuta nella Costituzione, con particolare riguardo all’art. 81 che assicura al Presidente l’immunità e lo ritiene non responsabile per le opinioni espresse nell’esercizio del proprio mandato. Una conclusione non condivisa dalla Corte europea. Strasburgo riconosce che l’immunità per le dichiarazioni rese da deputati e dal Presidente nell’esercizio della propria attività e delle proprie funzioni persegue un fine legittimo, funzionale ad assicurare una separazione tra potere legislativo e giudiziario, ma l’immunità deve essere giustifica da ragioni imperative, avendo portata eccezionale. Nel caso di specie è evidente che non è stato raggiunto un giusto equilibrio tra i diversi interessi in gioco perché l’interesse dei ricorrenti di far valere un proprio diritto in sede giurisdizionale è stato del tutto accantonato a vantaggio dell’immunità del Presidente della repubblica. A ciò si aggiunga che la legislazione moldava non prevede alcuna eccezione all’immunità e questo anche quando le dichiarazioni rese dal Presidente sono estranee all’esercizio delle proprie funzioni. Strasburgo riconosce che il diritto di accesso al giudice può essere sottoposto a limitazioni, ma tali restrizioni possono essere ammesse solo se necessarie a un obiettivo degno di tutela e proporzionate all’obiettivo conseguito. Né – prosegue la Corte – un rimedio supplettivo all’impossibilità di ricorrere in sede giurisdizionale può essere costituito dal fatto che, secondo quanto sostenuto dalle autorità moldave, i ricorrenti potevano opporsi alle dichiarazioni del Presidente in televisione, tanto più che nel Paese vige una prassi di censura sulla televisione pubblica. A ciò si aggiunga che i giudici nazionali non hanno preso in considerazione il fatto che le opinioni del Presidente erano state dette al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni e che in base alla legge moldava l’immunità non veniva meno neanche alla cessazione del proprio mandato. Un’immunità che, quindi, a ben vedere, si trasforma in un’impunità. Di qui la violazione dell’articolo 6 e un obbligo per lo Stato in causa di versare ai ricorrenti 3.600 euro e 5mila euro per le spese sostenute.

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1 Risposta
  • Andrea
    dicembre 10, 2014

    Menomale che il nostro Presidente della Repubblica è un cittadino come gli altri e questi privilegi non li ha.

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