Crimini contro l’umanità: la Cassazione nega l’estradizione in Argentina

La Convenzione italo argentina in materia di estradizione del 9 dicembre 1987 non condiziona la consegna dell’estradando all’esistenza di gravi indizi di colpevolezza. Tuttavia, la Corte di cassazione, con sentenza depositata dalla sesta sezione penale il 15 ottobre (43170) ha annullato la pronuncia della Corte di appello dell’Aquila che aveva disposto l’estradizione di Carlos Luis Malatto, accusato di omicidio, tortura, sequestri di persona per fatti che sarebbero stati commessi durante la dittatura argentina negli anni dal 1975 al 1977 (durante il regime di Videla) proprio ritenendo che mancavano gli indicati indizi. All’epoca tenente dell’esercito argentino, nei confronti di Malatto, erano stati emessi, nel 2011, dal Tribunale Federale n. 2 della provincia di San Juan, tre ordini di cattura perché accusato di aver fatto parte di un gruppo di militari che “durante il periodo della dittatura militare in Argentina, combattevano le organizzazioni ritenute sovversive e i dissidenti politici ponendo in essere sequestri di persona, torture e uccisioni”. La Corte di appello, che aveva anche accertato l’imprescrittibilità dei fatti contestati, aveva dato il via libera all’estradizione alla quale si era opposto il ricorrente. Di qui il ricorso in Cassazione che, con una decisione discutibile, ha dato ragione all’ex militare. Secondo la Cassazione, se è vero che la Convenzione di estradizione italo argentina non condiziona la decisione favorevole alla consegna dell’estradando alla presenza di gravi indizi di colpevolezza (a differenza di quanto avviene in base all’articolo 705, comma 1 c.p.p. per i casi di estradizione diversi da quelli convenzionali), questo non implica che si debba prescindere dall’accertamento dei gravi indizi, ma solo che la loro sussistenza va presunta dai documenti che lo Stato richiedente è tenuto ad allegare. Nel caso di specie, secondo la Suprema Corte, la documentazione trasmessa “non consente di desumere l’esistenza di seri elementi d’accusa a carico”. Nel raggiungere questa conclusione, la Cassazione sembra procedere a un esame che mina la fiducia nell’operato delle rispettive autorità nazionali competenti appartenenti agli Stati che stipulano il Trattato, malgrado l’indicata convenzione si fondi proprio sul mutuo riconoscimento. La Corte riconosce che il giudice italiano deve muoversi “nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente” però, in via di fatto, sembra propendere per un’altra soluzione richiedendo che la Corte d’appello avrebbe dovuto procedere a una “delibazione diretta a verificare che la documentazione sia in concreto idonea a rappresentare l’esistenza di elementi a carico dell’estradando”. Ora, la Corte di appello aveva proceduto a un esame della documentazione, inclusi i mandati di cattura allegati e aveva così disposto l’estradizione. Tuttavia, per la Cassazione ciò non era sufficiente perché  dalla documentazione allegata non si può evincere “alcun elemento a carico del Malatto, emergendo invece solo una teorizzata responsabilità da posizione” e perché non emergono elementi di accusa “che rendano probabile che l’estradando abbia commesso il reato attribuitogli”. Di qui l’annullamento della pronuncia senza rinvio. Con buona pace delle vittime.

Qui il trattato di estradizione tra Italia e Argentina (trattato)

Per una ricostruzione della vicenda si veda http://www.corriere.it/cronache/14_ottobre_14/militare-accusato-tortura-argentina-vive-parrocchia-genova-82d74d80-5376-11e4-a6fc-251c9a76aa3c.shtml.

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