No al mantenimento del cognome del marito alla ex moglie che rivendica la conservazione in ragione della tutela della sua identità personale. Questo perché il mantenimento può essere ammesso solo in casi straordinari, tenendo conto che è necessario salvaguardare le esigenze dell’ex marito che ha diritto a ricrearsi una famiglia in linea con l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare. E’ il principio fissato dalla Corte di cassazione, sesta sezione civile, con l’ordinanza interlocutoria n. 18141/14 del 22 agosto (cognome), con la quale la Suprema Corte, a nostro avviso, ha tenuto conto dell’importanza del cognome in rapporto all’identità personale, salvaguardando i diritti dell’effettivo titolare del cognome.
Alla Cassazione si era rivolta una donna, divorziata dal marito, che chiedeva di continuare ad usare il cognome dell’ex coniuge poiché l’aveva utilizzato per oltre 30 anni e serviva ad assicurare la tutela della sua identità personale. Una tesi respinta dalla Cassazione che, a differenza di quanto prospettato dalla donna, ravvisa, nel caso in cui fosse accolta la richiesta di un continuo utilizzo del cognome dell’ex marito alla prima moglie, un possibile pregiudizio proprio per l’ex marito che vuole ricreare “esercitando un diritto fondamentale a mente dell’articolo 8 CEDU, un nuovo nucleo familiare che sia riconoscibile, come legame familiare attuale, anche nei rapporti sociali e in quelli rilevanti giuridicamente”. Tuttavia, tenendo dell’importanza della questione e dell’assenza di precedenti, la Cassazione ha deciso di rimettere la questione alla pubblica udienza della prima sezione della Cassazione anche se l’ordinanza fornisce indicazioni nel senso di non ammettere il mantenimento del cognome dell’ex marito.
Aggiungi un commento