Delibazione delle sentenze ecclesiastiche anche se la nullità è fondata su motivi non previsti dall’ordinamento italiano

La delibazione di una sentenza del tribunale ecclesiastico che dichiara la nullità del matrimonio non può essere bloccata perché è stata già resa la pronuncia sul divorzio. Inoltre, la delibazione può essere disposta anche se la causa di nullità non è prevista nell’ordinamento civile italiano. Lo ha precisato la Corte di cassazione, I sezione civile, con sentenza n. 11226/14 depositata il 21 maggio (delibazione), con la quale la Suprema Corte ha respinto il ricorso di una donna la quale sosteneva, tra l’altro, che il via libera alla delibazione deciso dalla Corte di appello di Bologna fosse contrario all’articolo 64 della legge n. 218/95. Una tesi non accolta dalla Cassazione. Ad avviso della donna, che si era opposta alla delibazione, quest’ultima non poteva aver luogo in relazione a una sentenza che dichiara la nullità del matrimonio canonico per esclusione della prole “quando tale motivo non è conosciuto dalla moglie e non era da questa conoscibile essendo in buona fede”. Secondo la ricorrente, in questo caso, si verifica una contrarietà all’ordine pubblico anche perché tale motivo non è riconosciuto come causa di nullità nell’ordinamento giuridico italiano. Di diverso avviso la Cassazione secondo la quale la diversità delle cause di nullità previste nell’ordinamento italiano “non è sufficiente per negare l’esecutività della sentenza ecclesiastica”, tanto più che la Corte di appello aveva verificato le preclusioni dei due coniugi rispetto alla procreazione.

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