Interpretazione dei trattati internazionali: chiarimenti dalla Cassazione

Il Ministero della difesa deve rispondere in via sostitutiva dei danni provocati al familiare di un militare Usa, subiti a causa di un trattamento medico effettuato in Italia da una struttura sanitaria statunitense. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, III sezione civile, con sentenza n. 7909/2014, depositata il 4 aprile (conv. di londra), che ha confermato le decisioni dei giudici di merito i quali hanno affermato la responsabilità sostitutiva dello Stato ospitante in base all’articolo VIII della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951 (http://www.nato.int/cps/en/natolive/official_texts_17265.htm?). Il paragrafo 5 della norma in esame, prevede, infatti, che le richieste di indennità diverse da quelle derivanti da contratto “dovute ad atti o negligenze di cui un membro di una forza armata o di un elemento civile è responsabile nell’esecuzione del servizio, o dovute a ogni altro atto, negligenza o incidente di cui una forza armata o un elemento civile è legalmente responsabile, e che hanno causato, sul territorio dello Stato ricevente, danni a terzi diversi da una delle parti contraenti, saranno regolate dallo Stato ricevente”.

L’azione giurisdizionale era stata iniziata dalla moglie di un cittadino statunitense, militare della base Usa a Napoli, che aveva subito danni a seguito di alcuni trattamenti medici effettuati in una struttura sanitaria della marina militare a Napoli. Il Tribunale prima e la Corte di appello poi avevano stabilito la responsabilità solidale dei medici e della struttura sanitaria, con una responsabilità sostitutiva del Ministero della difesa in base alla Convenzione di Londra. Di qui, il ricorso in Cassazione del Ministero secondo il quale le richieste di indennizzo derivavano da un contratto. Di conseguenza, l’articolo VIII non doveva essere applicato e non poteva così sussistere una responsabilità sostitutiva dell’Italia. Di diverso avviso la Cassazione che ha condiviso la conclusione dei giudici di merito. La Suprema Corte è partita dalla constatazione che la funzione della norma è quella di assicurare una tutela giurisdizionale dei terzi danneggiati, al fine di evitare che l’applicazione della norma di diritto internazionale generale, “che obbliga gli Stati ad esentarsi reciprocamente dalla giurisdizione civile”, privi la vittima di tutela. La Suprema Corte, inoltre, precisa che le norme convenzionali devono essere interpretate secondo i criteri propri della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969 e, quindi, secondo il metodo obiettivistico. La nozione di contratto presente nella Convenzione di Londra non può includere il contratto di responsabilità medica da contatto sociale proprio dell’elaborazione dell’ordinamento italiano. Di conseguenza, l’interpretazione del termine contratto – osserva la Cassazione –  “porta a restringere l’ambito di operatività del termine in modo da escludere il tipo di contratto da contatto sociale elaborato dalla giurisprudenza italiana”. In base al diritto internazionale pattizio, quindi, nella nozione di contratto deve essere considerato ogni accordo tra due o più parti: necessario, quindi, un accordo, un testo negoziale e un’applicazione di tale accordo. Ora, poiché queste caratteristiche mancano nella figura della responsabilità medica, l’articolo VIII della Convenzione di Londra va applicato, con conseguente responsabilità sostitutiva dello Stato italiano.

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