Le assicurazioni dello Stato che richiede la consegna di un condannato a un altro Stato membro per far scontare la pena non bastano a consentire la consegna se lo Stato di origine viola, a causa della situazione nelle carceri, il divieto di trattamenti disumani e degradanti stabilito nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Questo in particolare se lo Stato, nel caso di specie l’Italia, è destinatario di una sentenza pilota della Cedu (Torreggiani e altri contro Italia, dell’8 gennaio 2013) e non ha ancora eseguito la pronuncia. E’ il principio stabilito in due sentenze dei giudici inglesi che hanno rifiutato la consegna all’Italia bloccando l’attuazione dei mandati di arresto.
Una débâcle per l’Italia, che pesa come un macigno anche sul piano dell’immagine internazionale e che mostra l’incapacità di risolvere il problema strutturale del sovraffollamento delle carceri, mettendo l’Italia sullo stesso piano di Stati che violano in modo grave e persistente i diritti umani. D’altra parte, anche di recente, la Corte suprema inglese aveva bloccato l’applicazione del regolamento di Dublino proprio nei confronti dell’Italia (http://www.marinacastellaneta.it/blog/litalia-a-rischio-di-trattamenti-disumani-e-degradanti-per-i-richiedenti-asilo-la-corte-suprema-inglese-blocca-lapplicazione-del-regolamento-dublino.html).
Tornando al caso del sovraffollamento nelle carceri, nella sentenza della Westminster Magistrates’ Court del 17 marzo 2014, nel caso Corte di appello di Palermo contro Domenico Rancadore (coa-palermo-italy-v-rancadore), il giudice inglese si mostrava anche favorevole alla consegna del latitante, a Londra da molti anni dopo la condanna a sette anni di carcere pronunciata in contumacia per associazione di stampo mafioso, ritenendo che i problemi relativi alla situazione delle carceri in Italia potessero essere superati nel caso di specie dalle rassicurazioni delle autorità italiane che avevano indicato una struttura carceraria adeguata agli standard a tutela dei diritti umani, ma il giudice ha dovuto tenere conto della pronuncia resa da un tribunale superiore nel caso Badre c. Tribunale di Firenze [2014] EWHC 614, Badre v Court of Florence, Italy [2014] EWHC 614 (Admin) 11 March 2014). In questa sentenza, la Corte ha stabilito che, nel caso di sentenze pilota pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che evidenziano un problema strutturale del sistema carcerario, le garanzie offerte dallo Stato destinatario della condanna di Strasburgo per violazione dell’articolo 3, non possono essere sufficienti a rassicurare i giudici nazionali – ai quali è richiesta l’esecuzione di un mandato di arresto europeo – sul fatto che non vi sarà il rischio di una violazione dei diritti dell’uomo. Le pronunce, così, individuano effetti delle sentenze pilota che vanno anche al di là di quanto prospettato dalla stessa Corte europea, di fatto riconoscendo che uno Stato, fino a quando non rimedia alle violazioni accertate nelle pronunce pilota non può essere credibile sul piano internazionale e rivendicare il rispetto di obblighi, inclusi quelli dell’esecuzione del mandato di arresto europeo, da parte delle autorità di altri Stati membri (sugli effetti delle sentenze pilota si veda http://www.marinacastellaneta.it/blog/la-cedu-codifica-il-sistema-delle-sentenze-pilota.html).
Due sentenze che additano alla comunità internazionale non solo il grave e persistente stato delle carceri italiane e della situazione disumana nella quale versano molti detenuti, ma anche l’incapacità delle autorità nazionali di individuare soluzioni effettive in grado di risolvere un problema strutturale, affidandosi ancora una volta a garanzie legate al caso di specie. Insomma le parole non accompagnate da fatti concreti non incantano né Strasburgo né i giudici di altri Stati membri. Ed è giusto che sia così.
Si vedano i post http://www.marinacastellaneta.it/blog/trattamenti-disumani-nelle-carceri-risposte-insufficienti-dallitalia.html
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