Mentre si aprono i seggi per il referendum in Crimea che oggi è chiamata a votare la secessione dall’Ucraina, la comunità internazionale continua ad essere sotto lo scacco russo. Ieri, infatti, l’inutile tentativo di far approvare dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione sulla Crimea (draft). Tutto è finito come tutti si aspettavano. La Russia, infatti, ha bloccato con il veto l’adozione del progetto di risoluzione fondato sull’articolo 2, paragrafo 4 della Carta che vieta la minaccia e l’uso della forza nelle relazioni internazionali contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica degli Stati. Il testo, tra l’altro, condannava il referendum in Crimea in quanto non autorizzato dall’Ucraina e lo considerava illegittimo, chiedendo agli Stati di non riconoscere il risultato. E’ stato così fermato il tentativo degli Stati Uniti che volevano far passare la soluzione della crisi dall’Onu (sulle diverse posizioni dei componenti del Consiglio si veda il documento qui allegato Security Council).
La risoluzione proposta in Consiglio di sicurezza ha ottenuto 13 sì, l’astensione della Cina (che teme un effetto domino in altre zone a rischio secessione, prima tra tutte il Tibet) e il no di Mosca, spiegato con la necessità di garantire il diritto all’autodeterminazione della popolazione, urgente dopo quello che la Russia considera un colpo di Stato in Ucraina, che ha portato alla destituzione di Viktor Yanukovych.
Non solo. La Russia invoca anche il precedente del Kosovo, non paragonabile però alla situazione in Crimea visto che sul Kosovo sin dal 1999 il potere di governo e di controllo era esercitato dall’Onu e non più dalla Serbia. La Crimea è territorio dell’Ucraina, il cui Governo provvisorio ha chiesto agli Stati di fermare l’aggressione di Mosca. Nessun fondamento giuridico, poi, per l’autodeterminazione che, in base al diritto internazionale, è consentita in caso di dominazioni coloniali, straniere o razziste.
Intanto la Crimea, con il referendum di oggi, marcia spedita verso la secessione dall’Ucraina e la futura annessione da parte di Mosca, passando, forse, per un breve e simbolico periodo di indipendenza. Va detto che sul piano interno, il referendum indetto dalla repubblica autonoma di Crimea è in contrasto con la Costituzione Ucraina in base alla quale se è vero che tutte le questioni territoriali devono essere decise con referendum (art. 73 della Costituzione, costituzione Ucraina) è anche vero che il referendum deve essere indetto dal Parlamento ucraino o dal Presidente (art. 72). Sulla legittimità del referendum si pronuncerà la Commissione Venezia il 22 marzo 2014 alla quale è stato chiesto un parere anche sul Progetto di legge costituzionale russo sull’ammissione della Crimea alla Federazione russa (si veda anche la risoluzione del Comitato dei ministri del Consiglio d’europa del 14 marzo 1194d01_7rev2-1).
L’Unione europea si riunirà domani per decidere le sanzioni che, però, è facile immaginare non colpiranno Putin. Intanto la Russia si prepara a fare con la Crimea quello che ha fatto in Cecenia e in Georgia: ossia quello che vuole in barba alle regole di diritto internazionale.
Si vedano i post http://www.marinacastellaneta.it/blog/ucraina-contro-russia-interviene-la-cedu.html e http://www.marinacastellaneta.it/blog/ucraina-la-russia-pronta-allaggressione.html
Per qualche commento si veda http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/il-diritto-internazionale-il-referendum-crimea-e-il-precedente-del-kosovo-10004; http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=2553; http://www.ejiltalk.org/crimea-and-the-limits-of-international-law/; http://www.sentinelle-droit-international.fr/bulletins/a2014/20140316_bull_383/bulletin_sentinelle_383.php#731
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